Guido Mattioni
Per chi ha memoria, fu il grande Indro Montanelli, nel '76, in uno dei suoi fulminei Controcorrente, a coniare quella che per un film è probabilmente la più feroce delle stroncature possibili. A farne le spese fu Novecento, dell'intoccabile Bernardo Bertolucci. «Non l'ho visto e non mi piace», colpì duro l'iconoclasta Indro, giocando sul paradosso. Trent'anni dopo, il laico Montanelli viene superato in iconoclastia addirittura da un religioso. E non uno qualunque, ma Monsignor Angelo Amato, segretario della Congregazione della Dottrina della Fede (per intenderci, l'ex Sant'Uffizio) che ieri ha dichiarato come non solo il tanto strombazzato film Codice da Vinci lui non andrà nemmeno a vederlo, ma ha invitato caldamente il pubblico dei cattolici a imitarlo. Disertando le sale dove sarà proiettata la pellicola tratta dall'omonimo e stramiliardario best seller dell'americano Dan Brown.
«Spero che voi tutti boicottiate quel film», è l'appello di monsignor Amato, teologo di grande raffinatezza oltre che uno dei massimi esperti di spiritualità bizantina. Ovviamente, il prelato accompagna la draconiana richiesta con le dovute motivazioni di depositario della fede. A suo giudizio, il film altro non è se non un coacervo di «offese, calunnie, errori storici e teologici nei confronti di Gesù, dei Vangeli, della Chiesa».
In altre parole la pellicola, così come il libro, confeziona per il facile palato del grande pubblico un polpettone di realtà e fantasia le cui prime vittime sono il Vangelo, la stessa figura del Cristo e i dettami della fede. Con il corollario di un ritratto ben poco edificante dell'Opus Dei, tratteggiata da Brown come un'inquietante e crepuscolare setta impegnata in attività criminose. Tesi, quella dell'attacco mirato alla potente organizzazione, respinta invece in un convegno svoltosi a Pistoia proprio da un sacerdote della stessa Opus Dei, John Wauck, a cui avviso il romanzo, che lui definisce «dozzinale», non intende «attaccare l'Opus Dei dal momento che Dan Brown mostra di non conoscerla. Semmai cela un attacco verso la Chiesa». Interpretazione, questa, fatta propria dallo storico Franco Cardini, che addita addirittura il mandante: la Casa Bianca. «C'è un fatto finora poco considerato - sostiene Cardini - e cioè che il Codice da Vinci, uscito nel 2000, ha conosciuto la massima fortuna nel 2002, in un momento di forti frizioni fra Casa Bianca e Vaticano, contrario all'attacco all'Irak che andava profilandosi. In quei giorni negli Usa scoppia improvvisamente lo scandalo dei preti pedofili. E comincia ad avere successo questo libro dalla marcata impronta anticattolica e con forte captatio benevolentiae verso il movimento femminista». Insomma, aggiunge Cardini, «se non ci fosse stato l'11 settembre, non ci sarebbe neppure stato il successo di questo Codice».
Libertà di interpretazione a parte (del resto è il mestiere degli storici!) e tornando a monsignor Amato, ciò che lui definisce «lancio esasperato» del film richiama alla memoria un'altra pellicola che in passato urtò la suscettibilità della Chiesa: L'ultima tentazione di Cristo, di Martin Scorsese, del 1988. «Un film estremamente noioso e improbabile - sostiene il prelato - che non solo fu contestato vivacemente perché storicamente falso, ma fu anche boicottato ai botteghini, ricevendo una meritata bocciatura economica».
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