da Roma
Un regista che scrive al presidente della Repubblica perché non riesce ad ottenere la distribuzione del suo film non si era ancora visto. Ma Beppe Ferrara è un osso duro, e non ha avuto timori reverenziali. Se non altro perché il film che continua a restare nel cassetto gli sta molto a cuore: racconta la storia di Guido Rossa (Guido che sfidò le Br), loperaio dellItalsider (e sindacalista della Cgil) ucciso a Genova nel 1979, dalle Brigate Rosse. Una morte emblematica, perché fu il prodotto di un atto di «eroismo solitario»: la denuncia di un compagno di fabbrica sorpreso a distribuire volantini con la stella a cinque punte, che nessuno - nemmeno nel suo sindacato - volle sottoscrivere. Ed emblematica anche perché, a detta degli stessi leader della più temibile formazione armata, fu quello che mandò in crisi il meccanismo di consenso intorno alle Br.
Ferrara, che ha iniziato a lavorare al film quattro anni fa, e ha messo insieme un cast che va da Massimo Ghini (Rossa), ad Anna Galiena, a Gianmarco Tognazzi, usa una parola cruda: «Boicottaggio». Spiega infatti nellappello a Napolitano: «Il problema è che il film - che pure è stato già girato e montato - non riesce ad uscire nelle sale. Dal giugno dell'anno scorso è stato proposto alla distributrice cinematografica della Rai, la 01, senza riscontro. Stessa risposta dall'Istituto Luce e altre distribuzioni private. Trovo insopportabilmente scandaloso - spiega Ferrara - che non si riesca a distribuire nelle sale questa pellicola. Perché non la si vuol far vedere? Chi scrive ha sempre realizzato film che sono arrivati dritti al grande pubblico e quest'opera non è da meno delle altre nel rappresentare una delle più pesanti sconfitte del terrorismo. Perché non si vuol fare conoscere la chiarezza di idee di Rossa?».
Parole molto dure, ma forse dettate anche dallesasperazione per uno sforzo produttivo in cui il regista ha coinvolto, come finanziatori, la Cgil. Quanto alle motivazioni di questo boicottaggio, le acccuse di Ferrara non sono nemmeno tanto velate: «Io non voglio nemmeno pensare ad un sotterraneo favoreggiamento delle posizioni brigatiste - aggiunge il regista -. Sarebbe mostruosa dietrologia. Ma che esista proprio allinterno di alcune istituzioni una sottovalutazione e persino una forte indifferenza verso questo problema, mi pare la considerazione immediata che spiega i motivi dello scandalo. I parenti delle vittime del terrorismo giustamente contestano la svalutazione dei mass media per la loro tragedia. Il film risponde a tale richiesta, perché è stato fatto (e non solo da me) soprattutto per loro. E per dissuadere chi vorrebbe ancora imbracciare le armi».
Dopo un tale affondo, anche la Rai, chiamata in causa direttamente e indirettamente, risponde. E infatti, in serata, è lamministratore delegato di Raicinema, Giancarlo Leone, a precisare: «Anche Raicinema, che è stata parte determinante nel finanziamento del film con il preacquisto dei diritti, auspica che la pellicola possa uscire presto nelle sale dato l'alto valore culturale e sociale del tema e la qualità del film stesso». Subito dopo Leone spiega perchè la Rai non può distribuire in prima persona: «Come era noto ai produttori del film - prosegue Leone - 01 Distribution non avrebbe potuto comunque distribuire il film poiché il proprio listino era ed è già impegnato fino alla primavera dell'anno prossimo.
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