Cronaca locale

Bolle, un «Apollo» alla Scala

«È uno dei lavori più difficili per la compagnia, vero?». Makhar Vaziev, direttore del corpo di ballo del Teatro alla Scala si rivolge ai suoi ragazzi, li guarda e sorride. «Sono sicuro che il risultato sarà eccezionale. E poi, noi abbiamo dei veri Apollo». A partire da Roberto Bolle che danzerà nel balletto culto di George Balanchine «Apollo», cuore del programma del «Trittico Novecento» in scena al Piermarini da stasera fino al 23 maggio. A dodici anni dalla sua nomina a primo ballerino e dal debutto nei panni del dio della bellezza, Bolle torna ad interpretare quel ruolo sul palcoscenico della Scala. «È un ruolo magico e uno di quelli che più desideravo danzare da quando ero nella scuola. Certo, il mio Apollo è diverso oggi, più maturo e consapevole», racconta l’etoile che sul palco sarà circondato dalle sue Muse: Sabrina Brazzo (Tersicore), Mariafrancesca Garritano (Polimnia) e Gilda Gelati (Calliope) nel primo cast; Francesca Podini, Luana Saullo ed Emilie Fouilloux, guidate da un nuovo Apollo, Gabriele Corrado nel secondo. Assicura Bolle che la musica di Stravinskij e la coreografia di Balanchine (ripresa qui da Colleen Neary) creano un’atmosfera particolare. «Si prova una sensazione divina, una dimensione che va oltre l’umano. È una magia che non si trova negli altri balletti e che lo rende un vero capolavoro». Messo in scena nel 1928 da un giovanissimo Balanchine, Apollo è diventato una tappa fondamentale nel storia del balletto e della danza del ventesimo secolo. Ma il programma del Trittico prevede altri due balletti simbolo del secolo scorso e «prime» per la Scala: in apertura, il nuovo allestimento di «Bella Figura» di Jirí Kylián e in chiusura «Voluntaries» di Glen Tetley su musiche di Poulenc. «Sono tre lavori eccezionali - aggiunge Vaziev - con musiche e coreografie diverse che si legano in un unico concetto artistico». In «Bella Figura», creata da Kylian nel 1995 per il suo ventennale alla direzione del Nederlands Dans Theater, cinque ballerine danzeranno in topless. «È un pezzo molto musicale ed estetico - spiega Cora Bos-Kroese, autrice della ripresa coreografica -. C’è bisogno di aprirsi sul palcoscenico. Da qui la scelta del topless, per mostrare vulnerabilità e bellezza». Ma è «Voluntaries» di Tetley - un omaggio a John Cranko - che sfianca gli artisti chiamati ad unire energia, tecnica e leggerezza. «Le difficoltà del pezzo? Come nella maratona, bisogna avere grandissima resistenza.

E mangiare spinaci», dice scherzando Bronwen Curry, curatrice delle coreografie.

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