Buoni alle baby sitter e premi alle aziende per aiutare le donne

Quando nasce un bambino, due mamme su dieci in Lombardia lasciano il lavoro durante il primo anno di vita del figlio. Oppure, se hanno contratti a termine, perdono il lavoro perché il contratto non gli viene rinnovato. Sono alcuni dei dati del Libro verde sulla conciliazione Famiglia-lavoro, messo a punto dalla Regione come materiale di partenza per il comitato strategico che si è riunito per la prima volta ieri al Pirellone con il governatore, Roberto Formigoni, e il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna.
Tra i progetti annunciati dalla Regione l’introduzione di un voucher famiglia, con cui pagare badanti e baby sitter indispensabili per occuparsi dei bambini o dei genitori anziani. In più, una politica di premi per le aziende che aiutano a conciliare meglio il lavoro e la vita familiare. Il ministero delle Pari opportunità ha destinato 6,7 milioni alla Lombardia e la Regione parla di «un riorientamento delle risorse disponibili nel bilancio regionale». Nel gruppo di lavoro che si dedicherà allo studio delle iniziative, quaranta esponenti del mondo delle imprese, delle università, della pubblica amministrazione e del terzo settore.
In attesa di fondi e soluzioni, i numeri allarmano, perché danno la misura di una conciliazione difficile tra famiglia e lavoro. Ma mentre il senso comune ritiene che sia un problema privato, tutt’al più morale e sociale, il ministro Carfagna spiega che si tratta di un danno economico per il Paese: «Secondo uno studio della Bocconi, centomila donne in più che lavorano determinerebbero un aumento del Pil in grado di potenziare il Welfare». Lo studio Bocconi parla di un aumento del Pil di 0,28 punti l’anno, con un ampliamento del 30 per cento della spesa pubblica a favore delle famiglie. Una miniera d’oro in un momento di tagli e di caccia alle risorse per i nuclei familiari.
La Lombardia, nonostante le difficoltà delle mamme, è una delle regioni in cui la situazione è meno grigia («è la Svezia dell’Italia» la definisce Carfagna), anche perché le donne che lavorano sono più propense a fare figli. Nel 2008 le donne occupate erano il 57,1 per cento, uvalore di poco inferiore all’obiettivo del 60 per cento proposto dall’Ue. Inoltre, il tasso di fecondità è superiore alla media nazionale e in lieve crescita: 1,4 bambini per coppia contro l’1,3 del 2008. Dati in linea con quelli europei, dove il tasso di fertilità è maggiore nei Paesi a più elevata partecipazione femminile al mercato del lavoro.
Ma molto può ancora essere fatto. Spiega Formigoni: «Sono convinto che, specie in questi mesi di crisi, le politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro assumano un ruolo cruciale nel sistema di Welfare e siano un decisivo fattore di crescita e di competitività». Un volano per far ripartire l’economia. L’economista Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per le Onlus, aggiunge: «Conciliare i tempi di vita familiare e di lavoro aiuta la produttività».

E cita il caso della Volvo: da alcuni anni la fabbrica automobilistica consente ai lavoratori di scegliere liberamente l’orario di ingresso tra le 8 e le 10. Una decisione motivata da criteri di maggiore produttività: «Si sfata così il mito che il nuovo welfare risponda solo a esigenze etiche e sociali. Al contrario, stimola la crescita».

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