Uno scambio tra due lettere dellalfabeto, una «p» messa al posto di una «m». Una svista minima, assolutamente trascurabile, ma che scatena una serie di reazioni senza controllo, una catena di conseguenze che si intrecciano e si sommano, finendo per rovinare la vita a un piccolo commerciante siciliano, Pippo Genuardi. È lui il personaggio principale dello spettacolo «La concessione del telefono», al suo debutto romano ieri sera sul palcoscenico del teatro Eliseo.
Deciso a ottenere lutilizzo di una linea telefonica per gestire con meno patemi la relazione clandestina con la suocera, Genuardi inoltra una richiesta formale al prefetto di Monteluso, ma disgraziatamente ne sbaglia il cognome chiamandolo Parascianno anziché Marascianno. Quellerrore si trasforma in una macchia indelebile che via via si estende alla famiglia del protagonista e coinvolge i vari apparati dello Stato, la Chiesa, finanche il mafioso del paese.
Grande burattinaio di questa storia dove equivoci e imbrogli sono sovrani incontrastati è Andrea Camilleri: la pièce è infatti tratta dallomonimo romanzo dello scrittore di Porto Empedocle, che ne ha curato ladattamento insieme al regista Giuseppe Dipasquale. «Torno allEliseo - ha scherzato ieri Camilleri durante la presentazione della commedia - dopo che nel 1950 il direttore di allora mi cacciò perché portavo i capelli troppo lunghi. Più tardi però mi fu affidata una regia: preferirono tenermi, anche se i capelli non li avevo tagliati». Tutto il copione è ravvivato dallumorismo tipico del suo autore, ma cè anche molto altro: il pubblico si trova davanti a un universo carico di contraddizioni, il cui filo rosso è quella «sicilitudine» che si risolve in una dialettica spontanea tra pessimismo e amore viscerale per una terra dove Stato e mafia rubano laria ai personaggi, lasciando loro soltanto intravedere uno spiraglio di salvezza. E poi ci sono tanti echi della burocrazia kafkiana: sulla scena i personaggi si muovono in mezzo a una pila di fascicoli e di faldoni, trovandosi sommersi da una carta di cui sono anche figli, loro che hanno preso vita dalle pagine di un libro. «Non ho niente contro la burocrazia - precisa sorridendo Camilleri - a volte anzi è capace persino di rassicurarmi. Cosa cè di meglio di un documento che attesta la tua identità, che certifica che esisti?».
Lo spettacolo, allestito dal teatro Stabile di Catania, ormai prossimo a toccare i cinquantanni di attività, resterà all'Eliseo fino al prossimo 11 febbraio.
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