Che la politica sia in crisi, che non sappia comunicare, che sia lontana dalla gente, che susciti sospetti tra i cittadini e addirittura tra gli stessi politici, lo si ripete da un pezzo. Ed è difficile negare, al netto di una certa semplificazione, che le cose stiano realmente così: si scende più volentieri in piazza per protestare «contro» qualcosa, piuttosto che andare a votare «a favore» di qualcuno. E se la politica entra in crisi, ecco - è il grido dallarme delle prefiche e degli apocalittici - dilagare il populismo e lanti-politica, due bombe a orologeria piazzate sotto gli scanni parlamentari sui quali siede, sempre più pericolante, la democrazia.
Sui rischi della «seduzione populista», solo per fare lesempio più recente, Piero Ignazi - politologo e direttore della rivista il Mulino - ha appena scritto uno schieratissimo pamphlet che raccoglie una serie di interventi usciti sullEspresso sotto il titolo La fattoria degli italiani (Rizzoli): una cronaca partigiana, ma che offre molti spunti di riflessione, sulla «deformazione grottesca» del sistema democratico e sul trionfo del domopopulismo berlusconiano che tiene al guinzaglio - ecco la fattoria - il «popolo bue» degli italiani. Mentre dellantipolitica, un «sentimento» che trova linfa solo quando viene a mancare (o si suppone che manchi) una «buona politica», parlano abbondantemente, ogni giorno, i quotidiani dellintero arco costituzionale della sinistra, centinaia di blog e siti Internet, e parecchi libri. Fra i tanti, appena uscito, il saggio a quattro mani di Gianpietro Mazzoleni e Anna Sfardini Politica pop (il Mulino) che analizza le relazioni pericolose fra democrazia, media, infotainment e politainment: cioè come la cultura della rappresentanza e della partecipazione politica si è ormai imbastardita con la (sotto)cultura dellintrattenimento e delle rappresentazioni televisive. Generando un mostro sociale di nuova de-generazione.
Bene. Di tutti questi argomenti - la politica sempre più mediatizzata, i rapporti tra comunicazione e potere, quelli tra democrazia parlamentare e democrazia massmediale, e quelli tra il Palazzo e la piazza - parla un libro appena uscito, scritto da un politologo francese di sinistra ma che piacerà molto agli elettori di destra. Lautore è Jacques Julliard, cattedratico allÉcole des hautes études in Scienze sociali ed editorialista del Nouvel Observateur. Il libro, invece, si intitola La regina del mondo. Il potere dellopinione pubblica (Marsilio, pagg. 106, euro 10, traduzione di Alberto Folin), giudicato in Francia il miglior saggio politico del 2008.
Julliard, analizzando alcuni casi della storia più recente del suo Paese (ma le indicazioni sono facilmente esportabili in Italia) spiega come il sistema democratico rappresentativo, sia esso parlamentare o presidenziale, sia di fatto messo alle corde, a volte schiacciato, altre tenuto in ostaggio, da un «gigante» di per sé buono, ma che quando si muove può provocare disastri: lopinione pubblica, quella che Blaise Pascal chiamava appunto «la regina del mondo». Un potere ambiguo, temibile e «antico» - già Henri de Saint-Simon, il padre del socialismo francese, notava: «In tutti i Paesi esiste una forza superiore a quella dei governi, quella dellopinione pubblica» - che nellultimo decennio, uscita irrobustita dallattacco di virus «informatici» e febbri populiste varie, si è mutata in un mostro con mille bocche (si esprime su tutto), lunghi tentacoli (si infila ovunque) e una corazza inscalfibile (è difficile da sconfiggere). La democrazia rappresentativa, ossia quella forma di governo nella quale i cittadini eleggono dei rappresentanti - tra candidati designati dai partiti - per essere governati, ormai mostra tutti i suoi limiti. Oggi è il trionfo dellopinione pubblica, una forza che «vale» e «pesa» più della politica tradizionale, capace con uno scossone della piazza - reale o virtuale - di rovesciare gli «assetti» messi a punto dalle urne e dai capi-partito.
Il caso più emblematico, per Julliard, è stato il ciclone Ségolène Royal, un vero attacco della democrazia spontanea al cuore della democrazia organizzata: una «donna qualunque», snobbata dalla vecchia classe politica, che si impone dal basso, fuori dalle regole di ferro della designazione dei candidati da parte del Politburo socialista, e viene portata a spalle dal «popolo» militante sino al ballottaggio nelle presidenziali del 2007, poi battuta da Nicolas Sarkozy: «Se, con tutti i suoi errori, Ségolène è arrivata a raccogliere quasi 17 milioni di voti al secondo turno, cioè il 47% della popolazione, ciò significa - scrive Julliard - che il movimento di opinione che lha sostenuta era nuovissimo e fortissimo». La lunga marcia che dal vecchio ordine «di partito» conduce, attraverso i pericolosi sentieri del populismo e della demagogia, allo spontaneismo popolare, ha fatto un passo in più. La lunga parabola, iniziata in Francia da Charles de Gaulle, che conduce dalla democrazia rappresentativa alla democrazia di opinione, è arrivata al suo punto critico.
È vero, i fenomeni di opinione sono sempre esistiti. Ma la novità, oggi, è il carattere permanente della pressione esercitata (tramite manifestazioni di piazza, campagne di opinione lanciate e sostenute da giornali e tv, movimenti di protesta che navigano nella Rete). Viviamo ormai in una doxocrazia: il potere non è più, o non è solo, nelle mani del popolo degli elettori, ma in quelle dellopinione del «pubblico». E che il secondo sia più temibile del primo lo hanno capito subito i politici, pronti a cambiare le linee e i programmi del partito, votati in regolari elezioni, ogni volta che la piazza - numericamente magari non significativa, ma mediaticamente molto influente - lo pretende. Julliard elenca una lunga serie di casi recenti nei quali i governi hanno abbandonato gli impegni elettorali quando si accorgevano che la «maggioranza» dei cittadini non ne voleva più sapere, o aveva cambiato idea. I fatti dimostrano che per un capo di governo o un ministro è più conveniente, dal punto di vista politico ed elettorale, sconfessare pubblicamente precisi impegni programmatici, piuttosto che irrigidirsi di fronte alle ondate di mobilitazione popolare che chiedono di invertire lorientamento su una determinata questione: sindacale, economica, etica... Il consenso degli elettori non dura più, come un tempo, cinque anni: viene ratificato o ritirato - tramite manifestazioni, sondaggi o campagne mediatiche - ogni volta che conviene.
La legge, ormai, per essere applicabile, ha bisogno di una doppia ratifica: da parte del Parlamento e da parte della piazza. Julliard cita lesempio del gruppo di studenti di estrema sinistra che nellautunno del 2007 scatenò una guerra contro la legge sullautonomia delle Università, la legge Pécresse, che un Parlamento liberamente eletto aveva adottato un mese prima. Picchetti e assemblee usati per scardinare le regole della democrazia. Questo in Francia. Ma a noi viene in mente il movimento dellOnda...
Questo per quanto riguarda il potere legislativo. Tuttavia cè anche quello giudiziario. «Chi potrebbe ormai negare - scrive Julliard riferendosi alla Francia - che i giudici, e i giurati, esercitino la giustizia con la preoccupazione costante, quasi ossessiva, di compiacere lopinione pubblica?». Chi non potrebbe avere un sospetto - scriviamo noi riferendoci allItalia - che i giudici esercitino la giustizia con la preoccupazione, quasi lossessione, di non scontentare una precisa campagna dopinione pubblica?».
Insomma, il potere della «regina del mondo» - che non sempre magari ha ragione, ma sempre va ascoltata - è irresistibile. Dunque, che fare? Forse augurarsi, come auspica Julliard - e Ferruccio De Bortoli, che firma lintroduzione, con lui; e noi con entrambi - che da un lato le vecchie élite politiche imparino a confrontarsi, scendendo dai loro scranni davorio, con la società «reale», che imparino ad ascoltare di più la «gente»; dallaltro lato che movimenti, onde e «grillismi» vari sappiano far sentire la propria voce senza umiliare le istituzioni democratiche e il concetto di rappresentanza.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.