No all’election day: è stato questo il risultato della votazione alla Camera sulle tre mozioni presentate da Pd, Idv e Nuovo Polo per accorpare in un’unica giornata le prossime elezioni amministrative e i referendum. Ma a creare il caso è stato il Radicale Marco Beltrandi, eletto nelle liste del Pd, che a sorpresa si è schierato con la maggioranza, affossando per un solo voto (276 no e 275 sì) la mozione Franceschini. Più netto, invece, l’esito delle mozioni dell’Italia dei valori e dei centristi che sono state bocciate con uno scarto maggiore.
La rabbia del Pd "Penso che la scelta di Beltrandi sia gravissima - ha subito commentato Rosy Bindi -. Ci sono dei momenti nei quali la disciplina di un gruppo è fondamentale" e a chi le chiedeva se avrebbe chiesto l’espulsione del deputato radicale dal gruppo dei Democratici ha borbottato: "no, queste cose le decide il capogruppo". Dario Franceschini non ha nascosto la sua rabbia. "Per un voto, solo per un voto! Potevamo vincere...", ha ripetuto ai giornalisti. "Questo voto, trattandosi di una mozione, non aveva un effetto giuridico cogente - ha ricordato - , ma il governo difficilmente sarebbe andato contro il voto del Parlamento. Siccome di mezzo ci sono legittimo impedimento, il nucleare e l’acqua, il voto di Beltrandi è veramente irresponsabile".
La versione di Beltrandi Il diretto interessato da parte sua si è sforzato di spiegare il motivo della sua decisione: "ho votato in dissenso dal Pd perchè sono contrario al quorum e perchè penso che l’election day sia un sotterfugio per aggirare la legge. I miei compagni Radicali lo sanno. Io sono ferocemente contrario all’abbinamento amministrative e referendum. Lo ritengo un escamotage per raggiungere il quorum. Il mio dissenso è politico, figuriamoci se voglio passare in maggioranza". Beltrandi ha poi respinto l’accusa di essere stato comprato e di essere pronto ad entrare in maggioranza: "Ma figuriamoci...", ha tagliato corto, facendo notare che tra i Democratici c’erano "molti assenti". Le defezioni non sono mancate neppure nella maggioranza. Non hanno votato sei Responsabili e del Pid, la formazione di Saverio Romano, in Aula erano presenti solo Pippo Gianni e Michele Pisacane. Del Pdl, poi, mancavano ventotto esponenti, di cui 13 in missione. La giornata alla Camera per la maggioranza non era iniziata nel migliore dei modi. Il governo era stato battuto per due volte sugli emendamenti del Pd alla legge che istituisce il Garante per l’Infanzia. Il primo emendamento è passato con 262 no e 271 sì e un astenuto. Il secondo con 268 sì, 262 no e due astenuti. Poi l’Aula ha approvato la proposta di legge in modo bipartisan: 467 voti a favore, 2 astenuti e nessun contrario. Ora il testo passa all’esame del Senato. Gli emendamenti del Pd conferiscono al Garante per l’infanzia il potere di segnalare, in caso di emergenza, alle autorità giudiziarie competenti, la presenza di minori in stato di abbandono al fine di una loro presa in carico.
Poco prima il governo aveva rischiato di essere battuto su un altro emendamento, questa volta dell’Idv, su cui c’era il parere contrario. In quel caso, però, l’emendamento era risultato bocciato in quanto c’era stata parità tra i favorevoli e i contrari (260 a 260)- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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