Maurizio Cabona
da Venezia
Vecchia e nuova America. La Mostra del cinema si apre oggi con un film ambientato nel 1947, Dalia nera di Brian De Palma, Infamous di Douglas McGrath, seconda biografia cinematografica in sei mesi di Truman Capote, vissuto fra gli anni Venti e gli anni Ottanta e con un documentario, The Us vs. John Lennon di David Leaf e John Scheinfeld, ambientato negli Stati Uniti degli anni Settanta; prosegue domani con Hollywoodland di Allen Coulter, ambientato nel 1949, e con World Trade Center di Oliver Stone, ambientato nel 2001 (11 settembre). Dopodomani toccherà al documentario di tre ore When the Leeves Broke di Spike Lee, ambientato nel 2004 dell'uragano Katrina, e a Lo stato più bollente di Ethan Hawke, ambientato oggi. Altri film americani sono previsti domenica con The Fountain di Darren Atonoskky, ambientato fra XVI e XXI secolo; lunedì 4, con Bobby (Kennedy) di Emilio Estevez, ambientato negli anni Sessanta, L'uomo di vimini di Neil LaBute e, mercoledì 6, con Il diavolo veste Prada di David Frankel, ambientati oggi. Solo Dalia nera, The Fountain, Bobby e Hollywoodland sono in concorso.
La Mostra ha arruolato dunque tutti i film americani possibili, di Hollywood e di off Hollywood. In parte è stata una scelta: facilmente questi film, mediamente, saranno meno noiosi di altre produzioni da festival, portoghesi o iraniane, taiwanesi o messicane. In parte è stata una necessità: tagliare l'erba sotto i piedi alla Festa del cinema di Roma, che si aprirà fra un mese e mezzo.
Ideata - oltre che per tonificare il gracile cinema italiano - come richiamo turistico per divi americani, la Festa ha sostanzialmente le stesse origini della Mostra, che nel 1932 fu ideata dal conte Giuseppe Volpi per attrarre i magnati americani che non venivano più al Lido dopo la crisi del 1929. Nello stesso tempo nel cinema si ripropone, palese, la latente frattura nazionale. Infatti, dopo essere stata la città della Mostra fra 1932 e 1942, alla fine del 1943 Venezia-Giudecca divenne il Cinevillaggio della Repubblica Sociale, mentre nel 1944 a Roma la produzione riprendeva stentamente con Roma città aperta di Roberto Rossellini (che, restaurato, è stata presentato ieri sera in anteprima non al Lido, ma a Campo San Polo).
La Mostra ha preso in concorso solo due film italiani, invece dei tre-quattro abituali. Emanuele Crialese racconta in NuovoMondo una vicenda d'emigrazione di siciliani negli Stati Uniti di un secolo fa; Gianni Amelio racconta nella Stella che non c'è una vicenda d'emigrazione in Cina di un napoletano, preso da nostalgia siderurgica per l'impianto di Bagnoli. La vocazione è qui la solita, tipica da festival, dove il mondo viene mostrato per lo più dal basso.
Più esigua del solito, comunque, la quota dei film politici e dei film-disgrazia. Ma spesso ricorre nei film del concorso il tema della minaccia nascosta nel futuro prossimo. I figli degli uomini di Alfonso Cuarón - inglese il film, messicano il regista - pronostica un difetto genetico che rende sterile l'umanità. Paprika, il cartone animato di Kon Satoshi, fa fantascienza rétro, perché si svolge nel 2004, quando immagina un metodo d'indagine psichica che può distruggere le personalità.
In quota inquietudine borghese spadroneggiano i franco-belgi. Nuda proprietà di Joachim Lafosse. Ambientato nel Brabante vallone (locuzione che il catalogo della Mostra lascia in inglese, pensando forse che sia il modo migliore per indicare un'area francofona!), c'è un conflitto madre-figli-amante, presieduta dalla più premiata delle attrici, qui: Isabelle Huppert. Invece Alain Resnais volge in parigina la vicenda anglosassone della commedi di Alan Ayckbourn in Piccole paure condivise.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.