Roma

Case di cura contro Marrazzo: «Piano di rientro che ci affossa»

Provvedimenti che prevedono un taglio di 22 cliniche private

Erano 130 le case di cura (ovvero tutte quelle accreditate nel Lazio, per un totale di circa 20mila lavoratori) presenti all’Assemblea regionale convocata dall’Associazione imprenditori ospedalità privata del Lazio per dire «no» al piano di rientro del deficit sanitario attuato dal commissario ad acta Marrazzo.
Una riunione oceanica alla presenza del senatore Cesare Cursi, Presidente dell’Osservatorio Sanità e Salute e del senatore Lucio D’Ubaldo, Presidente dell’Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio. Il braccio di ferro dunque tra Regione e Aiop prosegue all’indomani dei decreti per il taglio della spesa sanitaria. Provvedimenti che prevedono la soppressione di 22 cliniche private, una perdita di oltre 1140 posti letto, oltre alla chiusura del Forlanini, del Nuovo Regina Margherita e del S. Giacomo.
Tagli che «comporteranno il licenziamento di 3 mila dipendenti - dichiara Mauro Casanatta, presidente Aiop del Lazio - e che non risolvono il problema della sanità laziale. Perché le prestazioni, oggi erogate dalle strutture private, andranno a ricadere sugli ospedali». Prestazioni altamente specialistiche. Emblematico il caso della casa di cura Ncl, 50 posti letto, che offre solo interventi di neurochirurgia. Oppure, i casi della «Santa Famiglia» e della «Fabia Mater», due strutture che insieme garantiscono 3300 parti l’anno. Lacune che solo in minima parte potranno essere colmate da strutture alternative.
«In ogni caso - prosegue Casanatta - questi provvedimenti non consentiranno alcun risparmio sulla spesa sanitaria, perché in genere il costo delle prestazioni nelle strutture private è alla fine inferiore del 30% rispetto alle strutture pubbliche».
Cifre confermate da Cesare Cursi. Per il presidente della Commissione Industria e Commercio del Senato «al cittadino importa solo di ricevere una buona prestazione medica, garantita dal servizio sanitario e nei giusti tempi di attesa. Poco importa se chi la eroga è un’azienda pubblica o un privato in convenzione. Cosa diversa è l’atteggiamento dell’amministratore pubblico che deve valutare, a parità delle suddette condizioni, il costo sostenuto per ogni singola prestazione. E i dati in possesso al Nsis del ministero della salute dimostrano chiaramente che il privato in convenzione costa dal 20 al 30 per cento in meno di quello pubblico. In questo senso, ho chiesto alla Regione la pubblicazione delle tabelle comparative».
Un risparmio dovuto al fatto che, mentre negli ospedali i servizi vengono pagati a bilancio, nelle strutture private sono rimborsate le singole prestazioni. Il giro di vite penalizzerà tutti i comparti, dalla riabilitazione alla lunga degenza.

In particolar modo sarà devastato quello psichiatrico.

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