Politica

Caso Alpi, la Procura vuole annullare la perizia sulla jeep

Il capo dei Pm ha sollevato alla Consulta un conflitto contro la Commissione parlamentare che aveva recuperato la vettura

Gian Marco Chiocci

da Roma

Per undici anni nessuno l'ha trovata, nonostante le indagini e i lunghi processi. Ora che la Commissione parlamentare è riuscita a portare in Italia, mettere sotto sequestro e sottoporre ad accertamenti balistici la Toyota Pick-up sulla quale morirono Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, i giornalisti del Tg3 uccisi a Mogadiscio il 20 marzo 1994, la Procura di Roma ha deciso di mettersi di traverso. E dopo un durissimo scambio di corrispondenza con l'organismo d'inchiesta presieduto da Carlo Taormina ha sollevato un conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale, chiedendo di annullare l’atto di conferimento alla base della perizia in corso - e a buon punto - nel balipedio della Polizia scientifica, la struttura per le rilevazioni balistiche alle dipendenze del dipartimento Anticrimine guidato dal prefetto Nicola Cavaliere.
Le sei pagine, a firma del procuratore Giovanni Ferrara, sono state notificate anche a Pera, Casini e Berlusconi. Il capo dell'ufficio giudiziario capitolino ricostruisce l'antefatto, dalla notizia dell'arrivo della vettura (recuperata dalla Commissione in un garage di Mogadiscio, acquistata previa verifica dell'autenticità, sequestrata e portata in Italia) alla richiesta della Procura di partecipare agli accertamenti affidati alla Polizia scientifica. Richiesta alla quale l'organismo parlamentare (che ha gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria) rispondeva negativamente rivendicando «autonomia e sovranità» e ricordando che il mandato istitutivo della Camera dei deputati «impone accertamenti non solo sul fatto e sui responsabili, ma anche sulle carenze istituzionali, comprese quelle attribuibili ai molteplici passaggi giudiziari che hanno interessato la vicenda». Ovvero sull'operato delle toghe capitoline, a proposito del quale la Commissione ha già inviato una relazione unanime alla Procura di Perugia per le valutazioni del caso.
Arriviamo così al 17 settembre scorso, quando nello scalo militare sbarca la Toyota, affidata il giorno stesso al dottor Alfredo Luzi della Polizia scientifica con il consenso (e la firma) di un rappresentante dell'opposizione. Il carteggio prosegue, il clima politico si surriscalda, Taormina afferma che «appare singolare che la Procura intervenga solo oggi e non l'abbia fatto per lunghissimi anni, né quando la Commissione ha compiuto atti, questi sì irripetibili, come la riesumazione del cadavere della Alpi e l'autopsia», e definisce «irricevibile il conflitto poiché c’è un conflitto quando ad operare sono due organismi». Ma la Procura la pensa in un altro modo: spiega che a piazzale Clodio pende ancora un fascicolo sul caso Alpi, accusa la Commissione di aver «paralizzato il proseguimento delle indagini», di aver «impedito alla Procura di sottoporre a sequestro l'autovettura (...) nonché di effettuare rilevamenti e accertamenti», attività «essenziali (...) la cui mancata effettuazione ha determinato una vera e propria paralisi del procedimento» aperto nel 1998 e tuttora contro ignoti. Di più: definisce la nota della Commissione, che comunicava di voler procedere autonomamente agli accertamenti, una «illegittima interferenza nelle attribuzioni costituzionali dell'autorità giudiziaria». Gli accertamenti balistici finora compiuti dalla Polizia scientifica hanno intanto certificato quanto già emerso dalla riesumazione del corpo disposta dalla Commissione (senza che nessuno avesse da ridire) e da quell'autopsia che la Procura non aveva svolto nell'immediatezza: ad uccidere i due reporter fu un colpo a distanza, e non a bruciapelo come affermato da una decennale pubblicistica che dietro al delitto vedeva inconfessabili traffici di armi e rifiuti tossici. Che a sparare per primo fu l'uomo di scorta, e che il commando pronto per un sequestro rispondendo al fuoco uccise accidentalmente la Alpi e Hrovatin. Una ricostruzione che, ricordano in Commissione, è in linea con la linea investigativa che il pm Franco Ionta ha sempre seguito e che ha ribadito anche nella sua audizione a Palazzo San Macuto.
La Polizia sta per completare la perizia sulla vettura.

Resta dunque da vedere cosa ne sarà del conflitto sollevato dal procuratore Ferrara, per il quale il presidente Taormina si chiede «se abbia un suo percorso e a quali logiche corrisponda», posto che le conclusioni che si profilano dopo quasi due anni di lavoro sarebbero il miglior coronamento per la Procura di Roma e il pm Ionta a lungo accusati di voler «insabbiare» le indagini e coprire i presunti mandanti del delitto solo per non aver creduto al «partito del complotto».

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