Il cavallo che ubbidiva solo a un avvocato

«Animalie» di Cresto-Dina: brevi racconti sui rapporti tra gli animali e i loro padroni

Per quelli che non concepiscono un fine settimana senza un cane tra i piedi. Per quelli che non si imbufaliscono (o fingono soltanto, per darsi un contegno... ) se, nella trama dei loro vestiti migliori, si trovano, inesorabilmente intersecati, peli di gatta. Per quelli che lasciano crescere (bene) i loro figli in mezzo alle bestie e, quando prendono in casa le bestie, le trattano come figli.
Per quelli che non si scandalizzano all'idea che un gatto dorma su (o dentro) un letto e un vecchio cane possa interpretare, un po' per scherzo e molto sul serio, il ruolo di autorevole capofamiglia: pieno d'acciacchi ma coi secoli contati... Ecco un libretto per tutta questa gente: per molta e buona compagnia, ma non per tutti. Si tratta di Animalie, di Dario Cresto-Dina (Baldini Castoldi Dalai editore, pagine 93, euro 15). Sottotitolo: «Dizionario mitologico degli animali domestici».
Dalla A di Alfonso alla Z di Zelda. Passando per Andrea, Fiammetta, Lillo, Max, Rubicante, Tobia e molti altri. Cani, gatti, tartarughe, gracule religiose, cavalli, farfalle, bestie varie sono i protagonisti di racconti brevi, alcuni ispirati a fatti reali, altri inventati di sana pianta. Non è il primo e certo non sarà l'ultimo. Da Shakespeare a Steinbeck, gli animali hanno sempre ispirato la letteratura.
Il volumetto di Cresto-Dina è figlio dei nostri tempi, così ci presenta cani e gatti (per lo più) antropomorfizzati e pieni di nevrosi come i loro padroni. Non si tratta di una licenza letteraria: questo accade nella realtà, dove i nostri fratelli minori finiscono coll'assomigliarci, se proprio non gli riesce di guarirci. A Cresto-Dina non fanno difetto le invenzioni narrative, né la capacità di rendere credibili le storie più inverosimili. Come quella del minuscolo chihuàhua che, a causa del sortilegio d'un mago, si trasforma in sambernardo. Tutto è possibile coi cani. Sempre molto ironico, non teme di manifestare la sua evidente misoginia in più d'un racconto. O forse la dissimula dietro l'ironia... Per tutti, Bettie Blue, che sembra la versione a quattrozampe di una famosa canzone di De André: «Un uomo probo, un uomo onesto / si innamorò perdutamente / di una che non lo amava niente». Ed Eliana, la gatta delle foreste norvegesi, con artigli e falcata da giungla, che sotterrò la padrona decisionista, con gran sollievo del timido marito.


Più avanti l'autore strizza in modo manifesto l'occhio al Paolo Conte di Tutte le stelle del jazz, e di alcuni altri brani, con lunghe citazioni, finché non esce allo scoperto in Max, storia di un cavallo che non ascolta lo scudiscio o gli speroni del buttero, ma soltanto la voce dell'avvocato piemontese. Insomma, l'ammirazione per Conte, De André, l'amore per i cani e i gatti: credo d'avere qualcosa in comune con questo scrittore. Uno di noi due dovrebbe preoccuparsi.

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