È tutto sotto controllo e litaliano medio non si strappa i capelli col terrore di finire sotto i ponti. È quanto emerge dal secondo «Diario dellinverno di crisi», redatto dal Censis e reso pubblico ieri. Il nostro Paese sembra reagire senza panico e con una sostanziale «razionalità» al periodo di recessione economica in corso. Ne è prova il fatto che solo un cittadino su cinque ha deciso di tagliare i consumi (la flessione registrata a febbraio è dovuta alla crisi del mercato dellauto, dato che per esempio crescono le presenze in montagna e gli acquisti di vino Doc).
Già, perché - stando a quanto scrive il Censis - le famiglie italiane hanno una propensione strutturale al risparmio e per questo motivo non mancano di liquidità. Ecco il motivo per cui la stragrande maggioranza reagisce alla crisi semplicemente contenendo e razionalizzando le spese, mantenendo la stessa qualità della vita (il 12,5% degli italiani addirittura pensa di non modificare di nulla la propria condotta di consumo). Come, però? Per esempio scegliendo prodotti generici e non di marca, oppure rinunciando allautomobile nuova (il 34% è disposto a procrastinarne lacquisto), ai pasti fuori casa (35%) e soprattutto ai viaggi (il «bene» più superfluo, con il 48% di intervistati pronto a farne a meno).
Tuttavia, i beni di largo consumo non si toccano e per questo lItalia non sbanda: «Ognuno affronta i disagi individualmente - si legge nel rapporto - e non si assiste ad alcuna mobilitazione collettiva». Anzi, alcuni comportamenti - come loculatezza nella gestione familiare - possono essere riscontrati «a prescindere dalla crisi».
Un altro dato confortante è il rapporto tra lindebitamento delle famiglie e il Pil, fermo al 46,3%: un dato in linea con lindebitamento delle imprese private e soprattutto una cifra che non supera la media europea. Insomma, di crisi si parla e si discute, ma poi tutto si affronta con pragmatismo e freddezza.
Unultima considerazione, infine, per i nuovi disoccupati, «che possono trovare sostegno nelle finanze familiari garantite dai lavoratori dipendenti a reddito stabile». Perché è vero che le ore di cassa integrazione sono quintuplicate nellultimo anno, ma rimangono comunque sotto l1% delle ore lavorate nel Paese.
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