Il passaggio dal bipolarismo al bipartitismo, in Italia, non poteva non avvenire omogeneamente alla figura generale della politica europea. Ma tale passaggio, ovviamente, pone problemi di carattere culturale: è qui che nasce una questione cattolica per il ruolo fondamentale che la presenza del papato a Roma comporta per l’identità del nostro Paese.
Questo problema si era già posto con le elezioni del 1994, quando l’azione della Procura milanese, con l’integrale sostegno del Pds nella lotta contro i partiti democratici, condusse alla fine della Democrazia Cristiana. Fu il popolo democristiano a votare insieme a tutti coloro che non accettavano il Pds come politica dominante nel Paese e a dare a Berlusconi la maggioranza in quelle elezioni.
Quella che si costituì allora fu una maggioranza della tradizione italiana, opposta all’idea che la nazione andasse purificata dai suoi «vizi cattolici» per essere riportata alla cultura laica nella versione post-rivoluzionaria - ma rivoluzionaria nei fatti - del Pds. Fu Berlusconi, in quella occasione, a porre il principio della continuità della tradizione italiana di moderazione e di libertà, aliena all’idea di un cambiamento culturale che recidesse i vincoli con la storia cattolica del Paese. Allora furono Mastella e Casini a portare il Centro Cristiano democratico - cioè quei democristiani che non accettavano la svendita della Dc ai pidiessini fatta da Martinazzoli - dentro le liste di Forza Italia. E ora si trovano al medesimo punto.
Il problema vero non è quello di Mastella, che è una questione di collegi elettorali e di rappresentanza del Mezzogiorno, ma non culturale, perché il suo essere componibile con i due schieramenti gli ha tolto ogni carattere politico al di fuori della rappresentanza del suo territorio.
Il problema maggiore è quello dell'Udc, che ha scelto di essere presente nel centrodestra ma come alternativa alla leadership di Berlusconi: ciò ha creato le traversie della passata legislatura ed è stato la causa principale della sconfitta della Casa delle Libertà. La richiesta di una autonomia elettorale potrebbe avere un senso se si tiene conto della rappresentanza dei cattolici nel centrodestra.
Ma resta il fatto che l’Udc ha voluto conservare una funzione di centro all’interno degli schieramenti in alternativa al centrodestra e al centrosinistra. Ha fatto del centrismo una moneta di scambio tra i due schieramenti, ponendosi politicamente come autonoma ma in grado di dirigere il centrodestra verso l’intesa con il centrosinistra. Ha cioè cercato una funzione politica che non corrispondeva alla sua collocazione di partito nel centrodestra, né si radicava come forza elettorale autonoma.
La memoria della Dc è divenuta un sogno e una evasione dalla realtà. E la cosa più significativa è che Casini si pensi ancora portatore del centrismo democristiano e, allo stesso tempo, si dica difensore delle tesi cattoliche eticamente sensibili, che sono una cosa molto diversa dal centrismo e non hanno nulla a che fare con la Dc storica. È veramente un altro tempo che è cominciato.
Quando Casini chiede l’autonomia politica, lo fa in nome del centrismo, perché pensa di essere la persona designata a trattare con il Partito Democratico, con i cattolici democratici di quello schieramento, essendo egli stato uno di loro. Quando fa riferimento ai valori cattolici deve riferirsi a quelli sulla famiglia e sulla vita, che sono oggi interesse immediato dei cattolici in quanto tali, in un mondo nel quale il laicismo totale e la scienza come unico parametro di conoscenza sono diventati alternativi alla visione cristiana della vita. Ciò ha conseguenze sulla politica e, di fatto, nella legislatura iniziata nel 2001 la posizione della Casa delle Libertà ha avuto questo riferimento.
Se si pensa alla destra come simbolo politico, si deve dire che alla sua base vi è la tradizione, mentre alla base della sinistra sta la rivoluzione, oggi intesa come laicismo in nome della scienza. Così è in Europa, dove la divisione tra popolari e socialisti è una divisione tra tradizione e neo-modernità.
Berlusconi ha creato il centrodestra in Italia. Se non ci fosse stata questa creazione, la sinistra non sarebbe stata moderata e filo-cattolica, ma laicista come in tutti i Paesi europei - basti pensare alla Spagna, Paese cattolicissimo come l’Italia.
Non si possono confondere i valori cattolici con il centrismo democristiano, che non è una posizione conforme alla dottrina sociale della Chiesa, ma una scelta tattica in un tempo determinato. È interesse del Popolo della Libertà conservare le memorie democristiane, ma re-interpretandole. L’autonomia elettorale non può essere un’autonomia politica e il compito dell’Udc dovrebbe essere quello di infondere, se ne è capace, i valori della tradizione cristiana nello schieramento di centrodestra. Ciò comporta il riconoscimento di Berlusconi come leader e il coinvolgimento dell’Udc nel Pdl come termine del suo sviluppo. Andare da sola sarebbe per l’Udc la fine, perché il centrismo democristiano non esiste da molti anni nel Paese e l’Udc è esistita soltanto perché Berlusconi l’ha ammessa nel suo schieramento, con reciproca utilità.
Il chiarimento tra centrismo e valori cattolici è l’oggetto del problema, e l’Udc ora deve scegliere la sua posizione di fronte alla strettoia elettorale bipartita.
Gianni Baget Bozzobagetbozzo@ragionpolitica.it
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