Che incanto il Carnevale di Scaparro

Enrico Groppali

da Venezia

Grazie a quel magnifico giocoliere che è Maurizio Scaparro, il carnevale del teatro dedicato dalla Serenissima alla Cina sotto il simbolico logo Il drago e il leone si è aperto con la magnifica sorpresa di una minicittà di bambini orientali, che fanno parte di una comunità da tempo insediata nei pressi di Firenze. Infatti i piccoli allievi della scuola elementare intitolata a Gandhi nel piccolo centro di Brozzi hanno entusiasticamente aderito alla richiesta dei loro maestri di portare in scena - per la prima volta di fronte a un pubblico adulto - la versione scenica di una Cenerentola varata a Pechino ben settecento anni fa.
Una versione che, al di là della coincidenza col famoso titolo di Perrault, ben poco ha a che fare col divertimento cortigiano approntato dallo scrittore francese per l'eletto pubblico di Versailles. Dato che, tra mostri marini di seta verde e longilinei pescatori tramati di rosei fili di stoffa sulle vele di immaginari navigli, le dorate scarpette della povera fanciulla angariata dalla perfida matrigna han trovato ben poco spazio in questo oratorio sui generis agìto con sorprendente destrezza dai piccoli attori. I quali, non c’è dubbio, sarebbero certo piaciuti al Marco Polo di Guillaume Depardieu, figlio del celebre Gérard, che con una verve al limite del virtuosismo ha poi calcato le scene dell’Arsenale in un viaggio mai effettuato, e per questo dichiarato «invisibile», dall’autore e regista Orlando Forioso che, sotto un variegato tendone simile a quelli degli accampamenti dei tuareg ha ambientato la genesi del più bel libro di meraviglie che esista al mondo: Il Milione. Che a Venezia ha assunto lo status di un cantàre popolare degno dei Reali di Francia per merito di un ensemble vocale multietnico.
Ma le sorprese di questo straordinario confronto tra Oriente ed Occidente sotto il segno della festa non si sono limitati all’omaggio all’infanzia o al ricordo del tempo perduto. A sgombrare infatti il campo da pericolose tentazioni rétro è giunta in laguna Jin Xing, la coreografa e danzatrice più importante che possa vantare il Sol Levante. La quale, prima di esibirsi in guaina rosso fuoco nel suo spettacolo Shanghai Tango, ha mostrato in lungo e in largo la sua zazzera da monella degna di Zizi Jeanmaire. Sulla scena la sorprendente signora ordina perentoria alle sue ballerine che, più esili e filiformi di un fiore di ciliegio, le fanno corona di volteggiare con languore sulle languide note di un valzer di Strauss mentre i loro partner, in bicicletta, ma in rigorosa uniforme bianca da parata, compiono attorno a loro pericolose evoluzioni. Tutto qui? Niente affatto, perché l’attrazione della serata consiste, chi l’avrebbe mai detto, nella vera natura di Jin che, fino a pochi anni or sono, non era una bella fanciulla ma un distinto colonnello dell’esercito di Pechino che, dopo un tour in Usa, tornato in patria ha cambiato sesso per abbracciare uno status a mezza via tra l'étoile e la soubrette.
Un destino singolare, quello della metamorfosi, che quest’anno sembra essere il leitmotiv della rassegna.

Dall’omaggio a Carlo Gozzi che, nel duecentesimo anniversario della morte, viene festeggiato col revival della bellissima Donna serpente da uno specialista come Giuseppe Emiliani ai Niezi o Ragazzi di cristallo del romanzo di Bai Xianyong Il maestro della notte, che, grazie al talento visionario di Enzo Moscato, sbucano dal nulla, simili ad angeli, in un giardino solitario illuminato dalla luna.

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