"Chi elesse Luciani sapeva che sarebbe morto presto"

Un libro scritto dal pronipote di Giovanni XXIII svela nuovi retroscena sulla morte "prematura" di Giovanni Paolo I

Sia chiaro fin da subito. «Giovanni Paolo I: Albino Luciani» (Edizioni San Paolo), l'ultima immane fatica letteraria (quasi ottocento pagine) di Marco Roncalli, pronipote di papa Giovanni XXIII, non è la risposta al saggista britannico David Yallop il quale, nel 1997, con il suo «In nome di Dio», mise su carta la tesi secondo la quale Papa Luciani venne ucciso in Vaticano con una dose eccessiva di calmanti «perché voleva cambiare la chiesa».

No, il libro di Roncalli è a tutti gli effetti la prima biografia completa e documentata della vita di Luciani, una biografia che tuttavia riserva sorprese proprio laddove, ricostruendo la morte del successore di Paolo VI avvenuta nella notte tra il 28 e il 29 settembre del 1978, supera le versioni concordanti offerte dai due segretari di Luciani, don Diego Lorenzi e monsignor John Magee. La tesi di Roncalli è una: un decesso naturale ha colpito il Pontefice il quale, fin da piccolo, ha dovuto lottare contro le malattie, un fisico spossato che lo costrinse ad apprendere la notizia della morte di Papa Montini (il 6 agosto 1978) in un letto d'ospedale, alla casa di riposo Stella Maris agli Alberioni, vicino a Chioggia.

Come è possibile che nel successivo conclave i cardinali elettori elessero uno appena uscito da una casa di cura? «È questa una domanda alla quale non so rispondere» dice al Giornale Roncalli, aggiungendo però che «quello fu più che altro un periodo di riposo. Venne tenuto sotto osservazione a quanto pare per problemi di circolazione alle gambe minimizzati però dal suo medico Antonio Da Ros. Di certo c'è che venne eletto nonostante molti cardinali, specie italiani, sapessero che non scoppiava di salute». Scriverà in proposito il cardinale Jacques Martin nelle sue memorie: «Si può forse pensare che i cardinali che l'hanno eletto non ne sapessero nulla? E, se lo sapevano, come hanno potuto affidare a un malato di cuore l'incarico supremo del pontificato? È il mistero della sua elezione, ben più grande di quello della sua morte». Un mistero che anche Luciani faticava a comprendere: «Cosa avete fatto? Che Dio vi perdoni», disse ai cardinali poco dopo l'elezione.

È il medico personale di Luciani, Da Ros, ad affidare a Roncalli un appunto inedito nel quale sostiene che egli entrò in conclave con un pregresso di alcuni interventi chirurgici, sommati a una generale cagionevolezza, oltre al precedente dell'embolia avuta a un occhio durante un viaggio in aereo di ritorno dal Brasile, senza dimenticare una predisposizione genetica a improvvisi malori, comune ad altri membri della sua famiglia mancati prematuramente: una sorella e due zie, poco più che sessantenni, morirono senza alcuna avvisaglia.

Nel libro c'è anche molto altro. L'ex superiore generale dei Saveriani, padre Gabriele Ferrari, chiamato nel 1978 a sostituire l'allora cardinale Luciani in una omelia, ha raccontato che questi gli confidò: «Da qualche tempo non sto bene e faccio molta fatica a predicare». Così dicendo, si toccò il petto con la mano e soggiunse: Da tempo ho un gran male qui». Quando sentii i dettagli della sua morte improvvisa - racconta Ferrari a Roncalli - mi venne in mente quel gesto e quelle parole e mi venne spontaneo collegare quella morte improvvisa nella notte con i sintomi cui Luciani aveva fatto cenno cinque mesi prima, che di tutta evidenza rivelavano un problema di angina pectoris».

Tra le persone che si inquietarono dopo aver visto Luciani in quei giorni anche Giulio Andreotti. Fu lui, che con i ministri Gaetano Stammati e Tina Anselmi accolse il Papa al Laterano nel salone della Firma dei Trattati, a riferire: «Il suo aspetto ci fece colpo. Era terreo, quasi disfatto, tutto diverso dal sorridente ottimista della prima settimana. Pensammo che fossero le fatiche cui era sottoposto. Durante la messa notammo il pallore crescente e un sudore che gli imperlava la fronte di continuo». E secondo la testimonianza di Joseph Geraud, medico prima di entrare nei Sulpiziani e presente all'incontro come canonico di San Giovanni in Laterano: «Se fossi stato il medico del Papa gli avrei ordinato di mettersi immediatamente a letto». Per lui quelle di Luciani «erano le mani di un condannato a morte». Anche il cardinale Fiorenzo Angelini, pure presente, ha sostenuto: «Avevo notato le caviglie molto gonfie del Papa. Un illustre clinico mi fece osservare il rischio grave che, in quelle condizioni, il Papa correva».

Anche in conclave il tema della salute si riaffacciò: Luciani, incontrando il cardinale Sin, gli riferì che la sua salute non era delle migliori. Della salute del neopontefice avrebbe parlato anche suor Vincenza, la religiosa che lo accudiva e l'avrebbe trovato morto dopo 33 giorni di pontificato. Il 29 agosto 1978, in volo da Venezia a Roma, seduta sull'aereo vicino al biografo Camillo Bassotto, avrebbe parlato con lui, fra l'altro, della salute del Pontefice. Aveva con sé una piccola valigia con tutte le medicine che era solito prendere il patriarca. Era preoccupata: «Temo che il Santo Padre non resisterà a lungo. La sua pressione non reggerà all'affanno di tanti impegni e di tante preoccupazioni», furono le parole raccolte da Bassotto che non svelò mai la fonte delle sue notizie.

Si trattava, l'ha scoperto Roncalli dopo tanti anni, di don Carlo Bolzan che per alcuni giorni aiutò Luciani a sistemare nell'appartamento pontificio casse di libri e documenti giunti da Venezia. Fu il 14 settembre che, disse don Bolzab, vide Luciani in appartamento «sofferente e preoccupato».

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