Gianandrea Zagato
Torna a macinare il grano. Girano le ruote del mulino ad acqua di Chiaravalle. Dieci anni di restauri e un investimento di circa 1,5milioni di euro ridanno vita allo storico mulino - costruito contemporaneamente all'Abbazia nel 1130 - che avrà però non solo finalità produttive ma pure didattiche.
L'intero complesso molitorio di Chiaravalle ristrutturato, non sarà, infatti, solo un gioiello da osservare ma tornerà ad essere vivo e produttivo sia per la macina del grano che per apertura di una biblioteca multimediale con la possibilità di consultazione degli antichi testi del monastero. Il complesso, inoltre, sarà adibito a museo e utilizzato per visite didattiche, con dimostrazione delle antiche tecniche agricole, per gli studenti che potranno vedere in prima persona le macchine e gli ingranaggi costruiti dall'ingegno umano, e percepire l'importanza che questo luogo ha nella nostra storia di Milano. Costruito sul sedime della comunità monastica, il mulino rispondeva e risponderà ancora ad una precisa richiesta economica e alla necessità di autosufficienza, sulla quale si basa tuttora il rigido ordine cistercense
L'edificio, posto a cavallo di un corso d'acqua derivato dalla più famosa Vettabbia, si affaccia su un ampio cortile cintato, cosiddetto «giardino dei semplici», intorno al quale sorgevano la cascina ed altre attrezzature. Il mulino si compone di locali di epoche diverse, raggruppati intorno ad un edificio del dodicesimo secolo, ed è diviso in due parti: la prima è costituita da un piano terra e un primo piano utilizzati a suo tempo come deposito di frumento, mentre la seconda, si compone di un piano terra inserito nel fossato dove c'è tuttora la sella della ruota, e di un piano superiore che poggia su archi impostati sugli argini del fossato.
«In questi anni – commenta Filippo Penati, presidente della Provincia che ha sostenuto il recupero della struttura – ci siamo posti l'obiettivo primario della tutela e del recupero paesistico e ambientale del Parco Sud e della sua valorizzazione per fini culturali e ricreativi. L'inaugurazione va in questa direzione e verso il recupero dell'antico rapporto tra città e campagna così importante per la qualità della vita e il benessere di tutti noi. Il Parco come luogo da vivere, dunque, e da conoscere sempre meglio nelle sue variegate valenze storiche, produttive e culturali». Che altrimenti detto: «Facendo rivivere la laboriosità e produttività del mondo cistercense – prosegue Bruna Brembilla, assessore all'Ambiente – il Parco ripropone all'attenzione della città la tradizione agricola del territorio. Una tradizione fatta di aziende che si stanno aprendo sempre più ai cittadini attraverso servizi e attività varie come la vendita diretta dei prodotti e l'agriturismo.
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