Cè un personaggio che, a mio parere, manca moltissimo alla politica regionale. Ed è lex assessore regionale G.B. Pittaluga, da qui in poi «il Pitta», liberale se ce nè uno.
A questo punto, dalle pagine del Giornale, ho già visto qualche sopracciglio aggrottarsi e qualche indignato indignarsi: «Oibò, stiamo parlando di un trasformista, che prima era assessore al Bilancio nella giunta Biasotti, poi era assessore al Bilancio nella giunta Burlando, ora non è assessore da nessuna parte e guida le truppe liguri dellApi di Francesco Rutelli». Concetto, questultimo di truppe liguri rutelliane, quasi coincidente con la figura stessa del «Pitta».
E invece no. Il «Pitta» è tuttaltro che un trasformista. Perché non è stato imposto da nessuno in liste bloccate, non è andato a Roma facendo il berlusconiano e non ne è tornato antiberlusconiano e, dopo che si è trovato in disaccordo con Biasotti (e labbiamo duramente contrastato su questo, non condividendo la sua scelta), è stato fermo un giro. Poi, si è candidato alle elezioni, si è fatto eleggere con le preferenze - sempre segno salutare di democrazia - e solo successivamente è entrato nella giunta Burlando. Insomma, ineccepibile. Come quelli che nel Monopoli tornano indietro «e senza passare dal via!».
Non è un caso, forse proprio per questa scelta, che oggi (Api a parte) il «Pitta» è fuori dalla politica. E non è nemmeno un caso, probabilmente, che sia stato chiamato da Duccio Garrone e dal suo segretario generale Paolo Corradi a collaborare con la Fondazione Edoardo Garrone, che è una vera oasi di liberalismo e di cultura, anche economica, in città.
Soprattutto, il «Pitta» ha avuto una grande idea. Quella di proporre un partito che abbia il coraggio dellimpopolarità. (...)
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