Una città «neopagana» senza valori né tradizioni

«Le parole del Papa confermano il grande disagio sociale e culturale che esiste in questa città. Negli ultimi anni Roma vive in una sorta di “neopaganesimo”: senza valori, senza punti di riferimento. Un modello di comunità che, purtroppo, si sta imponendo sempre di più, a dispetto dei cittadini che invece chiedono l’opposto: più rispetto dei valori e delle tradizioni. Quello che ci è stato proposto negli ultimi dieci anni è un modello di città basato più che ad essere, ad apparire. E questo non è più accettabile».
Quindi che fare?
«Beh, innanzitutto noi, che facciamo politica, dobbiamo batterci fortemente affinché questo modello non prevalga più. E lo si può fare inserendo tra i punti fondamentali della nostra agenda la lotta alla povertà e ovviamente il sostegno a tutte quelle fasce sociali fortemente penalizzate dall’assenza di una reale politica economica di Roma».
Mario Baccini, vicepresidente del Senato, concorda pienamente con la denuncia «di gravissimo degrado» in cui versa la città, che ieri papa Benedetto XVI ha fatto davanti a tutta l’amministrazione capitolina, compreso il suo sindaco Walter Veltroni. Parole, quelle del Pontefice che, secondo l’esponente dell’Udc, «devono far riflettere tutti a cominciare proprio dal sindaco».
Ha qualche suggerimento per queste riflessioni?
«Innanzitutto bisognerebbe ammettere che a Roma, in questo momento, manca un progetto del Comune e della Regione, un programma strutturato che sappia valorizzare le grandi risorse che questa città ha e che però non riesce ad esprimere. Da qui ne deriva il notevole impoverimento di tante famiglie, il degrado di tante zone, l’assenza dei servizi fondamentali per i cittadini, la scarsa sicurezza in città.
Quanto incide secondo lei l’attuale «doppia veste» di Veltroni?
«Beh, ultimamente non è molto presente, avendo molti impegni da segretario del Pd. E questo può solo aggravare la situazione».
Quali sono secondo lei le priorità da cui Roma dovrebbe cominciare?
«Una è sicuramente la politica abitativa. Le case popolari, nel piano regolatore della capitale, non sono programmate in modo proporzionato al reale fabbisogno. Quello che si è fatto è stato solo realizzare metri cubi a casaccio. Tutto questo mentre nelle periferie continuano a mancare i servizi, non ci sono le infrastrutture basilari e il livello della qualità della vità è basso. Per non parlare poi delle recenti decisioni di spostare persone, come se fossero delle bestie, da una parte all’altra della città...».
Si riferisce al trasferimento delle famiglie dal residence di Bravetta ad Acilia?
«Esatto. Acilia, una piccola ma reale città nel XIII municipio, ha già tanti problemi. E’ assurdo aggravare ancora di più questo stato trasferendo lì 30 nuclei di famiglie. Decisione, tra l’altro, presa da Veltroni senza consultare i comitati di quartiere, i cittadini, tanto meno il municipio. È un fatto gravissimo. Quei quartieri, negli ultimi anni, sono cresciuti moltissimo per numero di abitanti e per gli edifici residenziali. Ma non è stata fatta una strada, o un impianto di collegamento per trasportare i giovani alle scuole o università romane, nè tanto meno sono stati aumentati gli uomini delle forze dell’ordine».
Pare che nelle famiglie trasferite ci siano anche tante persone agli arresti domiciliari?
«Si, e questo aggrava tutta la situazione. Ecco perchè, senza fare demagogia, chiediamo al sindaco Veltroni di rivedere le sue scelte e di cominciare a investire in quei quartieri in termini di opere infrastrutturali.

E avanziamo anche una proposta: perchè non pensare a diluire le famiglie a piccoli nuclei in tutti i quartieri della città? In questo modo si potrebbe ridistribuire il peso dei problemi sociali su tutto il territorio. Spostare tutte queste persone assieme è davvero assurdo, oltre che essere una palese mancanza di sensibilità verso tutti i cittadini».

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