Il 2005 sta passando senza che Milano abbia ricordato, nel centenario della nascita, un maestro che ha lasciato un segno profondo nella storia dellarte italiana, e specificamente milanese, del Novecento. Parliamo di Renato Birolli (1905-1959), che arriva a Milano giovanissimo e vi resta tutta la vita. La morte lo coglierà allimprovviso nel suo studio di via Montenapoleone, ad appena 53 anni. Una parziale commemorazione si è avuta (se il lettore ci perdona lautocitazione) alla rassegna «Milano Anni Trenta», dove Birolli si dimostrava un protagonista assoluto di quella stagione e dove la luce dei suoi quadri metteva in ombra tanti suoi pur importanti compagni di strada.
Il fatto è che i colori del veneto Birolli hanno qualcosa che è solo loro: un patrimonio nobiliare, una dotazione genetica, una rendita catastale, chiamatela come volete, insomma una ricchezza ereditata dalla tradizione veneta, a cui Van Gogh e Ensor (che pure lo influenzano) non aggiungono niente di essenziale. Ma la pittura dellartista non si limita agli anni Trenta. E a ricordare la sua stagione del dopoguerra giunge ora opportuna lantologica di Mendrisio «Renato Birolli. Sentire la natura», a cura di Gianfranco Bruno e Simone Soldini. Qui unottantina di opere, tra dipinti, pastelli e acquerelli, documentano gli ultimi due decenni dellartista.
Negli anni Cinquanta Birolli è tra i componenti, con Vedova, Morlotti, Turcato, Afro, Moreni, Santomaso e Corpora, del «Gruppo degli Otto», il movimento fondato dal critico Lionello Venturi. La loro è una terza via fra lastrattismo e il realismo, che allora si combattevano ferocemente: una pittura ispirata a motivi naturalistici, ma filtrata da una geometria che risente ancora del postcubismo. In Birolli, comunque, il vero soggetto è il colore, che per lui è lelemento fondamentale non solo della pittura, ma anche della vita. Come scrive nei suoi Taccuini, non è il cielo a essere azzurro. È lazzurro che, caso mai, può diventare cielo. Perché il colore è la realtà delle cose.
In questo periodo lartista si ispira soprattutto ai luoghi di mare, dove spesso si rifugia a dipingere: Fosso Sejore, vicino a Fano, nel 1950; lisola di Porto Buso, vicino a Grado, nel 51; Bocca di Magra nel 1952; di nuovo Fosso Sejore nel 53-54. Dipinge una vigna, un canale nero, un pescatore di polipi, reinventando soggetti e suggestioni attraverso un duro, potente, ritmo geometrico. Nel 1955, poi, scopre le Cinque Terre, che diventeranno il suo luogo di elezione. E, mentre la geometria dei suoi quadri si allenta, lasciando espandere più liberamente il colore, individua un tema che rimarrà fra i più suggestivi della pittura italiana del periodo: lincendio. Si ispira infatti agli incendi spontanei (beati i tempi in cui erano spontanei) sui monti liguri.
«Perché i vostri uomini non vanno a spegnerli?» chiede a una donna di Manarola in un torrido giorno destate, mentre il fuoco investe i dorsali e le forre da Monterosso a Riomaggiore. Gli sembra impossibile che nessuno difenda quei metri di terra conquistati con tanta fatica. «Ma il fuoco non tocca le vigne» replica lei. E lui qualche giorno dopo, scorgendo in mezzo al bruciato un vigneto intatto, «lucente come uno smeraldo», capisce che la donna ha ragione. Lessenziale rimane.
Raccontata così, come maldestramente abbiamo fatto, la riflessione può sembrare letteraria. Ma in Birolli non cè pensiero che non si traduca in pittura. E se, in chiusura di articolo, volessimo indulgere a qualche tecnicismo, potremmo dire che il suo linguaggio non è mai davvero informale. Le sue sono piuttosto forme-colore: quelle forme costruite con la luce di cui parlava Cézanne, che sono la versione moderna dei mosaici bizantini.
Birolli, a questa data, dipinge grandi mosaici infranti. Realizza opere che si frantumano in un andamento concitato, ma sul fondo delle sue maree di colore rimane sempre una famiglia di rettangoli, di quadrati, di ellissi. Quasi come in un mosaico, dove si assiste a un trionfo di luce, ma generato ed esaltato da tante piccole tessere geometriche. In realtà Birolli, lo spiega lui stesso, aspira a un colore che equivalga alla musica, intesa non come emozione indistinta, ma come ritmo, partizione, struttura.
LA MOSTRA
Renato Birolli. Sentire la natura,
a cura di Gianfranco Bruno e Simone Soldini. Mendrisio, Museo dArte
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.