Sul Giornale del 15 dicembre scorso è comparso un articolo dal quale si apprende che i sordomuti non dovranno più essere chiamati in questo modo, ma «sordi preverbali». E per peggiorare le cose il (la) rappresentante del ministero in questione ha affermato che con questa modifica si è fatto «un ulteriore passo avanti verso una sempre migliore tutela e verso la completa e sostanziale equiparazione di tutti i cittadini». Al che non ho capito bene se siamo diventati tutti sordomuti (o sordi preverbali) oppure se i sordomuti sono diventati udenti e parlanti; o meglio, solo parlanti perché, come ha sottolineato lautore dellarticolo, il temine sordo è rimasto.
Se lintenzione era quella di adottare un termine, anche se incomprensibile, meno offensivo (e non si vede dove sia loffesa nel chiamare sordomuto un sordomuto), è evidente che dalla nuova locuzione ben presto sarà eliminato il sordo e resterà soltanto il preverbale; anche perché questo avviene normalmente nei termini composti (chi dice più Ufficiale Generale o apparecchio laser invece di Generale e laser?). E allora simmagina limbarazzo di quellimpiegato di qualche struttura pubblica che si vedesse consegnare dal suo superiore una comunicazione dove sia scritto qualcosa come «si raccomanda di avere la massima considerazione per i preverbali
», e si arrovelli nel dubbio: si tratta di un ammonimento per non aver prestato la giusta collaborazione a un collega sordomuto; oppure lavviso intende raccomandare di conservare accuratamente non solo i verbali delle riunioni che vengono svolte, ma anche le bozze dei verbali, per le quali questo neologismo sembra molto più appropriato? È chiaro che con queste osservazioni non si vuole mancare di rispetto a chi ha di questi problemi, che non merita certo di essere coinvolto in questa becera moda della correctness.
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