Il commento Premi a «film-cult» che al cinema non vedremo mai

Defezioni di divi e carenza di film da pubblico. Dei dieci giorni di Berlinale, la metà bastava. Visto che la dirige, lo sa bene Dieter Kosslick, che fa giustificare dai suoi la penuria di questa edizione con l’abbondanza della prossima, la sessantesima. Coerente, la giuria di Tilda Swinton ha premiato film per cinefili: Orso d’oro a «La testa asustada» (titolo internazionale «The Milk of Sorrow») di Claudia Llosa, peruviana, storia di una peruviana che, portando in sé una patata, evita gli stupri; Orso d’argento, ex aequo, a «Gigante» di Adrian Biniez, argentino, e «Alle Anderen» di Maren Ade, tedesca. Miglior regista è Ashgat Farhadi, iraniano, per «Su Elly»; il miglior attore è Sotigui Kouyate in «London River» di Rachid Bouchareb; miglior attrice è Birgit Minichmayr ancora in «Alle Anderen».

Al pubblico restano alcuni dei non premiati, dei sotto-premiati e dei fuori concorso: «The Reader» di Stephen Daldry (in Italia uscirà venerdì), «The Messenger» di Oren Moverman (premiato per la sceneggiatura con Alessandro Camon), «Bellamy» di Claude Chabrol, «Welcome» di Philippe Lioret e di «My One and Only» di Richard Loncraine. Festival e realtà, separati da tempo, ora hanno divorziato.

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