Lo strumento principale del quale i politici si sono serviti fino ad oggi per realizzare l'unificazione europea è stato quello di svuotare di ogni contenuto i significati e i valori accumulati dai singoli popoli e dalle singole nazioni durante il loro lungo itinerario storico, traducendoli, con voluta e consapevole finzione e falsità, in termini di «diritti umani». Questa strategia ha permesso di non nominare mai le religioni, mattone di fondazione di buona parte della morale e del costume dei diversi popoli, evitando tutte le difficoltà che questo avrebbe comportato. In realtà ciò che si voleva raggiungere era l'introduzione di una «religione» uguale per tutti e che, in teoria, tutti avrebbero potuto accettare proprio perché non proveniva da nessun «Dio»: la carta dei diritti umani.
La complicità del silenzio che ha accompagnato quasi sempre le operazioni dei governanti europei ha impedito a centinaia di milioni di cittadini - cattolici, protestanti, ortodossi - qualsiasi reale consapevolezza di questo procedimento, sia perché, da lunghi anni plasmati alla non reattività della «tolleranza», in buona parte dei cristiani il fervore della fede si è attutito; sia perché sono comunque incapaci di pensare che le Chiese abbiano accettato, senza alzare neanche la minima voce, una tale trasformazione. È vero che qualche anno fa si era prospettata l'idea di accennare nella Costituzione europea alle radici cristiane dell'Europa, ma si è trattato di un tentativo privo di convinzione e accantonato con facilità. Con i musulmani, però, è un'altra cosa. La Turchia è stata sempre un problema e, per quanto gli americani la vogliano nell'Ue per ragioni strategiche militari e perché fa già parte della Nato, l'edulcorata richiesta, da parte delle istituzioni europee, del rispetto dei diritti umani non riesce ad essere tradotta in termini di Corano. Che significa, infatti, pretendere che 70 milioni di musulmani rinneghino, tanto per fare un solo esempio, l'affermazione del Corano che «le donne sono di un grado inferiori agli uomini»? Per quanto a noi sembri grave, questo esempio è nulla in confronto al fatto che il musulmanesimo è una visione del mondo, ossia disegna un modello totale di valori, di significati, di comportamenti. È questo il motivo principale per il quale dà tanta forza al credente: nella sua fede trova la ragione della vita e della morte, della fatica e del dolore; soprattutto la sicurezza che il suo Dio lo guarda, lo accompagna e ricompenserà le sue azioni.
Cosa se ne faranno i turchi delle «ricompense» dell'Ue? Certamente non si faranno comprare, per quanto ricco sia il piatto di lenticchie, come finora hanno fatto i cristiani, perfino i cattolicissimi polacchi e irlandesi. Né si può sperare nella buona volontà dei governanti turchi, ai quali sono stati prescritti i compiti cui debbono adempiere in termini di diritti umani come se i sudditi fossero pecore da tenere buone all'ovile. Hanno una ben strana concezione della religione i capi dell'Ue. Ma ancora più strana è la loro concezione di quello che si intende per «europei». I turchi lo sono o non lo sono?
Rimane il fatto che è stato compiuto un grave errore nel coltivare per anni la possibilità dell'allargamento dell'Unione alla Turchia, cosa che invece non avrebbe dovuto mai essere prospettata, affidando il rapporto con uno Stato amico sempre ed esclusivamente ad accordi e trattati diplomatici.
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