(...) I quali infatti lo avevano riconosciuto benissimo, come riportato dalle cronache.
E allora? Dove sta l'insulto alle Istituzioni di cui si sarebbe macchiato Burlando? Ha esibito il tesserino di parlamentare per permettere agli agenti, che dovevano pur inserire nel verbale gli estremi di un documento, il riconoscimento «formale», avendo dimenticato patente e carta di identità a casa, non certo per essere lasciato andare. E quindi la sua seconda colpa è quella di essere stato sprovvisto di patente. E credo che a nessuno verrebbe in mente di individuare una responsabilità politica nell'aver dimenticato la patente.
Poi, però, ha telefonato al Questore per ribadire che non solo non voleva nessuno sconto per l'errore commesso, ma che, anzi, picchiassero forte perché l'errore era grave. E forse il Questore potrebbe riferire di quante altre telefonate dello stesso tenore abbia ricevuto nella sua carriera da altri personaggi pubblici (sarebbero poche le dita di una mano?).
Conosco da molti anni Claudio Burlando e la nostra amicizia è nata al di fuori certamente degli ambienti della politica. È un'amicizia «al di sopra di ogni sospetto», anzi lui sa benissimo che le nostre convinzioni politiche sono spesso divergenti. Ma conoscendolo bene posso affermare con assoluta certezza che non è il personaggio che abusa della propria posizione per ottenere favori spiccioli. Non è insomma il potente che ama intimidire l'interlocutore con il classico «lei non sa chi sono io».
Ora gli toccherà un po' di gogna mediatica. Spero che riesca a sopportarla serenamente.
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