Roma - È soltanto del ministro la responsabilità della nomina «illegittima» dell’ex brigatista Susanna Ronconi nella Consulta sulle tossicodipendenze. E per questo il nome di Paolo Ferrero, di Rifondazione, ministro della Solidarietà Sociale, è iscritto nel registro degli indagati della procura di Roma. Il reato che gli contestano il pm Sergio Colaiocco e il procuratore Giovanni Ferrara è l’abuso d’ufficio. Susanna Ronconi ha scontato dodici anni di carcere per l’omicidio di due militanti del Msi nel 1974 ed è interdetta dai pubblici uffici. Non poteva dunque essere chiamata a collaborare in un organo di consulenza del ministero. La sua nomina nella Consulta, formata da settanta componenti, non era stata decisa al termine di un’istruttoria.
Come è stato spiegato dal ministero al Giornale, la scelta era stata esclusiva di Ferrero su segnalazione del «Forum droghe». Il ministro aveva annullato giovedì la nomina dell’ex brigatista e lei stessa il giorno precedente aveva rassegnato le dimissioni per le polemiche intorno sulla sua consulenza. Dopo aver difeso per settimane la sua scelta, il ministro si è affrettato a definire l’atto «illegittimo», lasciando interdetta la Ronconi, che si aspettava di condurre con Ferrero la «battaglia» contro le critiche dell’opposizione. Ma la procura stava già indagando sulla scelta del ministro, avvenuta a ottobre del 2006. L’inchiesta è stata condotta a Roma per competenza territoriale. L’esposto era però partito da Padova, e a presentarlo era stata la federazione locale di Alleanza Nazionale. Proprio a Padova, infatti, era avvenuto l’attentato dei brigatisti alla sede del Msi nel ’74 a cui aveva partecipato Susanna Ronconi. Ferrero ieri ha ammesso la sua responsabilità esclusiva della scelta dell’ex brigatista come membro della Consulta: «Il controllo spettava a me e mi assumo la paternità del caso. Non sapevamo che era interdetta».
Una scelta fatta con leggerezza: «Non si è fatta alcuna verifica a monte se la Consulta era da considerarsi pubblico ufficio e se la Ronconi era o meno interdetta dai pubblici uffici». I componenti della Consulta sono «persone nominate in larga parte su indicazione di associazioni. Noi - ha proseguito il ministro - le abbiamo semplicemente messe dentro. Non abbiamo fatto, come ministero, un qualche lavoro istruttorio. La giustizia farà il suo corso». Il ministro Ferrero ammette tutte le sue colpe, e non se la prende con il parlamentare di An Maurizio Gasparri, che giovedì aveva chiesto le sue dimissioni: «È legittimo che le chieda», dice. Con i colleghi di governo c’è stato invece un rapido «chiarimento».
Ferrero ha però agito in buona fede, lo difendono i suoi compagni di partito: «Siamo certi che i giudici della Procura di Roma non troveranno alcun elemento di scorrettezza nel comportamento del ministro», commenta il
capogruppo di Rifondazione al Senato, Giovanni Russo Spena. Gli atti dell’indagine sono stati trasmessi dalla procura di Roma al Tribunale dei ministri, che valuterà la posizione di Ferrero per gli eventuali accertamenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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