La contestazione? In America pacifista in Italia violenta

Nel documentario dell’Istituto Luce sfilano i leader della contestazione, compresi quelli della destra. Armando Plebe: «Qui il movimento era bellicoso». Guccini: «A vent’anni si hanno tante balle in testa»

Michele Anselmi

da Roma

Il Sessantotto visto da sinistra e da destra. Mica male l'idea. Infatti Beppe Attene, chiamato a pilotare la chiacchierata, lancia subito la provocazione: «Se Pci e Msi avessero avuto la volontà di raccogliere le spinte pre-politiche che venivano dal movimento forse ci sarebbe stata un'Italia migliore». Giusto? Sbagliato? Vai a saperlo. Si parlava ieri mattina, alla romana Casa del cinema, del documentario di Ferdinando Vicentini Orgnani, su testi di Adalberto Baldoni, che l'Istituto Luce distribuisce in doppia versione: da oggi in tre sale, dal 27 in cofanetto dvd (film + interviste extra + libro al costo di 14.90 euro). Titolo: Sessantotto. Sottotitolo: L'utopia della realtà, un'espressione presa in prestito a Franco Basaglia, il padre dell'anti-psichiatria che si batté per la chiusura dei manicomi.
Certo, far stare il Sessantotto in 90 minuti è impresa ardua. Infatti Mario Capanna, che alla stagione dedicò Formidabili quegli anni, subito eccepisce, pur partecipando al progetto. «L'ho trovato nord-centrico. Mancano troppe cose: la Cina di Mao, con la sua Rivoluzione culturale piena di errori e anche di orrori, l'America Latina, la classe operaia... Mancano le minigonne, cioè quando l'altra metà del cielo decise quanta parte di sé mostrare». Obiezione in platea: ma nel Movimento studentesco le donne non erano relegate al ruolo di «angeli del ciclostile»? «Una sciocchezza sesquipedale», insorge Capanna. Concorda Marco Boato, benché allergico ai «cascami veterocomunisti» e alle nostalgie maoiste.
Al tavolo, accanto agli autori e ai due citati ex leader sessantottini, anche Guido Paglia, oggi dirigente Rai, all'epoca militante di estrema destra, e Erri De Luca, oggi scrittore famoso, all'epoca «antagonista ostinato» nelle file di Lotta continua. Efficace, bisogna riconoscerlo, la foto di gruppo sotto lo schermo dov'è stato appena proiettato il filmato. Il cui senso Baldoni e Orgnani, l'uno protagonista dei fatti, l'altro troppo giovane per esserlo, definiscono così: «Per i detrattori, il Sessantotto è stato sesso, droga & rock and roll, un tentativo di escludere Dio dalla vita pubblica, un campo nel quale seminare violenza e terrorismo. Per gli apologeti, invece, ha rappresentato la rottura con l'autoritarismo dei corpi docenti, della famiglia delle classi dominanti, anche della struttura gerarchica della Chiesa».
Sulle note di Wild Thing, nell'incipit si materializza Judith Malina. La mitica santona del Living Theatre si fa beatamente una canna come ai tempi d'oro, rievoca L'urlo di Ginsberg, spiega il suo agire teatrale riassumibile nello slogan «Il paradiso è nella piazza». Insomma la faccia sballata, anarchica e pacifista del Sessantotto, che in America partì qualche anno prima, addirittura nel 1964, dalle parti di Berkeley. A un certo punto, in verità, compare un tosto ex leader delle Black Panthers, le milizie armate di autodifesa nera; ma lascia subito il posto alla «Beat generation» di Ferlinghetti & company, smandrappata e un po' fumata.
Diverso il discorso quando Sessantotto arriva in Italia. «Qui il movimento adorava la lotta armata, era bellicoso», commenta Armando Plebe, ideologo di destra allora molto demonizzato, oggi amabile vecchietto. Capanna obietta: «Prima della strage di Piazza Fontana nessuno, nei movimenti, si era organizzato per uccidere». E però già in quell'inizio 1968, prima negli scontri con la polizia a Valle Giulia, poi all'università La Sapienza quando i fascisti guidati da Almirante rovesciarono un banco su Oreste Scalzone rendendolo «icona» del movimento, apparve subito chiaro che tra i giovani di destra e di sinistra l'alleanza anti-Sistema non sarebbe durata. L'ipotesi suggerita da Stefano Delle Chiaie è che, agitando la teoria degli «opposti estremismi», il potere costituito riuscì a spezzare la possibile saldatura studentesca, aprendo la strada agli anni di piombo.
Intanto, grazie ai materiali di repertorio, rivediamo il volto carismatico del leader trentino Mauro Rostagno, l'invettiva pasoliniana contro quei contestatori figli di papà, la mobilitazione popolare all'Isolotto di Firenze, l'ispirato rigore di Basaglia. Però le parti migliori restano le interviste con i protagonisti di allora: se Sofri esclude «ogni contiguità tra movimento e lotta armata», Cacciari ammonisce invece che «il terrorismo» figliato da quella sbornia estremista ebbe «effetti catastrofici sulla vita dei Paesi», mentre Scalzone rivela che il Pci, nel tentativo di capirci qualcosa, gli offrì addirittura un posto da deputato.

Sogno spezzato? Miccia liberatoria? Ubriacatura leninista? Mirabile utopia? Il Sessantotto, conclude il film, fu tante cose. Nondimeno, come cantava Guccini, pure lui intervistato: «A vent'anni si è stupidi davvero / quante balle si hanno in testa a quell'età».

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