Contraffazione I cinesi nuovi alleati della ’ndrangheta

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Il porto di Gioia Tauro via d’ingresso per la merce contraffatta proveniente dall’oriente. Un business nuovo quello che le cosche della ’ndrangheta avevano avviato con la collaborazione dei cinesi e che garantiva entrate cospicue riducendo di molto i rischi rispetto al traffico di droga. A portare alla luce il businesss sono stati i carabinieri del Ros con la collaborazione dell’Agenzia delle dogane. Sono state arrestate 26 persone ritenute legate alla cosca Molè e sequestrato beni per 50 milioni di euro. Il denaro incassato con questa «inedita operatività transnazionale», come l’hanno definita gli investigatori, veniva ripulito grazie ad investimenti immobiliari nel Lazio.

La merce contraffatta arrivava a Gioia Tauro e qui, grazie all’aiuto di due funzionari dell’Ufficio della dogana - l’ex direttore Adolfo Fracchetti e Antonio Morabito - i container passavano aggirando i controlli e inondando la Penisola di prodotti contraffatti con i marchi delle più famose case di abbigliamento, scarpe, profumeria. Un sistema che consentiva agli importatori di risparmiare milioni di euro di dazi e ai Molè di incassare una somma rilevante per il «servizio».

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