Contro il logorio della telefonata moderna

Appartiene alla famiglia dei nuovi stress. Sotto categoria «piccole umiliazioni». Non esisteva prima e purtroppo esisterà per sempre. È qualcosa di cui si poteva, si può, si potrebbe fare a meno e con cui, invece, si convive senza ribellarsi. Trattasi di quello stato d’animo che accompagna ogni nostra telefonata non appena digitiamo i numeri della persona che andiamo a contattare. Una volta, quando il progresso ci dava il tempo per capirlo, chi telefonava aveva innanzi a sé tre strade. La prima: il numero è occupato, richiamerò più tardi. La seconda: il telefono è libero, rispondono, inizio a parlare. La terza: il numero è libero, nessuno alza la cornetta per cui o la casa è vuota o Giovanni è in bagno o sta litigando con Marta, insomma richiamerò dopo. Di solito, ai tempi, veniva effettuata una seconda chiamata, un’oretta dopo e all’ennesimo silenzio si concludeva sereni: non c’è nessuno. Pace.
Ora no. Ora è micro stress. Ora quando si telefona non si schiudono tre strade, ma le tangenziali milanesi. Perché ora, quando si digita il numero, può accadere di tutto. Primo esempio: squilla libero, l’altro risponde subito. Sospiro di sollievo. Secondo esempio: è occupato. Ahia! Terzo esempio: suona libero e nessuno risponde. Ahia al quadrato. Questa è la situazione portatrice sana della maggiore quantità di interpretazioni e, dunque, micro stress.
Sia per il secondo che per il terzo esempio, il telefonino e la sua portabilità ci hanno purtroppo privato dell’alibi più importante di tutti: quello di poter non essere a casa o in ufficio. Un alibi per chi riceveva la telefonata e una confortante ipotesi per chi la faceva. Adesso, invece, se suona occupato ci aspettiamo che l’altro, avvisato da un sms, ci richiami a stretto giro e se non lo fa... et voilà, ecco il micro stress. Adesso, se squilla libero e nessuno risponde si mette giù, si fa dell’altro, restando in fondo sempre in attesa. Un aspettare che, se si prolunga troppo, si distorce mano a mano nell’attesa di un verdetto dato e ricevuto. Dato, perché se non ci ritelefonano a breve un «bel cafone» a quello lì non lo leva nessuno; ricevuto, perché se non richiamano «vuoi mica che gli sto sui...». Micro stress e piccole crudeltà quotidiane che urticano la giornata. Soprattutto stress non richiesti, di cui avremmo potuto fare a meno.

E non si dica che basterebbe selezionare «non inviare proprio numero», visto che cresce l’esercito di quelli che a “numero privato” proprio non rispondono. No. L’unico modo per eliminare l’insorgenza di questi nuovi stress è rispondere con cinque paroline semplici semplici: «Sono preso richiamo appena posso». Anche via sms. È poco vintage, ma molto educato.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica