Convince «Alcatraz» crime story di buon mestiere

Quando il penitenziario di Alcatraz venne chiuso il 21 marzo del 1963 i suoi detenuti furono assegnati ad «altri istituti di pena. Questo secondo la versione ufficiale. Non fu così in realtà». Sulla scena dell’omicidio dell’ex vicedirettore del carcere, avvenuto ai giorni nostri, si trovano infatti le impronte di Jack Sylvane, dichiarato morto parecchi anni fa. E, mistero ancor più inquietante, come mai Jack dimostra la stessa età di quando era recluso? Si snoda per interrogativi a scatola la trama di Alcatraz (Premium Crime, lunedì ore 21,15), la serie prodotta da J.J. Abrams e annunciata come evento dell’anno. Per indagare sul caso Rebecca Madsen (Sarah Jones) della polizia di San Francisco accetta di collaborare con l’enigmatico agente federale Emerson Hauser (Sam Neill) insieme con Diego Soto (Jorge Garcia), giallista e gran conoscitore della storia della prigione. Ma ben presto la detective si accorgerà che la vicenda di Sylvane è solo la minima parte di un mistero ben più grande che si dipana attraverso delitti e segreti sempre più sinistri. I peggiori criminali che l’America ha conosciuto stanno tornando a regolare i conti del passato e circolano liberi senza che nessuno sappia stanarli perché sono considerati già morti.


Suspense, atmosfere cupe e sotterranei fatiscenti, Alcatraz è una crime story che mischia elementi di Csi (le indagini tecnologiche e «il caso» concluso in ogni episodio) con altri di Lost (la presenza di Garcia e l’uso dei flashback). Nulla di rivoluzionario: un telefilm di buon mestiere realizzato con gli ingredienti giusti per risultare avvincente.

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