Le coppie danzanti ci incollano allo schermo perché riscopriamo l’arte della seduzione

di Stefano Zecchi

Le trasmissioni che propongono con eleganza il ballo di coppia dovrebbero diventare materia di studio nelle scuole. Insegnano a rispettare l’altra persona all’interno di regole che stabiliscono i principi della relazione: «l’altra persona» è il partner nella danza; le regole sono definite dal tipo di danza. La sintesi è il rispetto sia della persona, sia di quel rito estetico che si chiama danza. Queste trasmissioni hanno molto successo perché nel nostro tempo, in cui uomo e donna non sanno più stabilire un accettabile rapporto comunicativo, l’osservare come la musica, i passi il modo di toccarsi uniscono uomo e donna, dà un senso di sicurezza morale: se anch’io sapessi fare quei determinati gesti, il mio partner vedrebbe in me una persona affidabile, educata.
Si pensi a quale radicale differenza c’è tra questo ballo («tradizionale»), con quello delle discoteche («moderno»). Il ballo in discoteca ha avuto successo come esperienza di liberazione del corpo. Non è un caso che si diffonde a macchia d’olio dopo il ’68. Nella discoteca ci sono tutti i miti di quell’epoca: la liberazione sessuale, l’emancipazione femminile, la ribellione alla famiglia... in una parola, il piacere della trasgressione. La discoteca collettivizza la solitudine. Ognuno si muove come crede sia meglio, ognuno fa per sé, non c’è regola: è il trionfo dell’individualismo di massa.
La danza tradizionale che ci viene proposta dalla tv, ma che oggi è sempre più diffusa in sale da ballo con relative scuole, testimonia il desiderio di capire cosa si debba fare per vivere in armonia all’interno di una coppia. Sono convinto che l’estetica, con le sue regole che spiegano come si possa costruire una forma bella, sia alla base dell’eticità, cioè del principi generali su cui si definiscono i valori d’incontro di una società.
Si provi a pensare come si forma un valzer (un tango, una samba, un charleston, ecc.), come una coppia possa dire di star ballando un valzer. C’è attenzione, innanzitutto, alla fisicità, al corpo della persona che danza con me. Lei non può essere «creativa», «individualista», cioè fare del suo corpo qualcosa di separato e indipendente dal mio. Deve comportarsi secondo una regola, che anch’io ho l’obbligo di seguire: regole che non stabiliamo noi, ma che rappresentano quel principio estetico che fa del valzer un ballo specifico e non una corsa o una passeggiata. Chi balla deve adeguarsi all’insieme di quei principi, ed è proprio all’interno di questa cornice che scatta il rapporto seduttivo, nel significato letterale del termine. Una se-duzione che non nasce da un capriccio, da ammiccamenti, ma dalla esplicita interpretazione di una regola. Il ballo coinvolge in una ritualità estetica chi lo pratica e chi lo osserva.

L’eleganza, la sensualità, la dolcezza sono esperienze che vissute nel ballo oltrepassano il ballo stesso, diventano modi d’essere che si possono ritrovare nella quotidianità: sono educazione estetica, educazione al rispetto degli altri.

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