La corretta assistenza al parto deve essere anche psicologica

È difficile superare i novant’anni. È ancora più difficile superare questo traguardo con la lucidità e con lo spirito del professor Ferruccio Miraglia, il quale ha festeggiato il suo navantaduesimo compleanno pubblicando un libro («Per una cultura del nascere», editore Rubettino) che riassume i punti salienti del suo lungo insegnamento.
La firma di Ferruccio Miraglia è stata tra le prime che hanno arricchito i settimanali italiani. Per più di vent’anni egli ha dato consigli alle donne, predicando una religione naturale della vita e della procreazione, sostenendo in particolare la necessità di una assistenza al parto con due distinte componenti: clinica la prima, psicologica la seconda. Ancora oggi Miraglia sostiene che «l’ostetrico deve nutrire per la donna che aspetta un figlio, non solo partecipazione, ma anche affetto».
Tali pensieri vengono riassunti nella triade anima-coraggio-generosità, destinata a guidare in ogni momento quella che il professore chiama «arte ostetrica», precisando che non si tratta solo di una professione. Polemicamente egli contrappone questa nobile missione alla ginecologia che, con spirito battagliero, definisce «una specialità narcisistica, basata sulla tecnica, non sulla passione».
Nato in Puglia, laureato a Torino, specializzato a Milano, Miraglia è noto per avere creato all’ospedale Buzzi una vera scuola. I suoi allievi dirigono oggi importanti divisioni di maternità negli ospedali di Milano, Lecco, Vimercate, Carate Brianza e Prato, dove continuano ad applicare le sue regole. Anche la Società italiana di psicoprofilassi è una sua creatura.
Rimpianti? Pochi. Proteste? Qualcuna. Questa, ad esempio. «La società attuale rifiuta il vecchio sano. Lo riconosce e qualche volta lo aiuita soltanto se si dichiara malato.

Lo ignora totalmente se lo giudica sano di mente e di corpo». Miraglia appartiene certamente a questa seconda categoria, ma la sua vitalità, come dimostra il libro appena pubblicato, non autorizza l’indifferenza altrui. «Vecchi» come lui meritano soltanto ammirazione e affetto.

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