La notizia dellanno è che per Roberto Cotroneo è finito il tempo delle mele. Il suo ultimo romanzo, Il vento dellodio (Mondadori), ha un titolo che è tutto un programma. Abbandonate a se stesse le poetiche librerie di provincia che animavano le prove precedenti, al nipote di Umberto Eco sono spuntate delle ragguardevoli sopracciglia da accademico e il volto gli si è incupito.
Il vento dellodio spiega una volta per tutte cosa è stato il terrorismo, trattandosi (modestamente, direbbe Totò) del «racconto più lucido di una stagione italiana che non è mai stata chiarita fino in fondo». Proprio così: dove legioni di storici hanno fallito, lì trionfa il romanziere.
Eccolo, dunque, il teorema di Cotroneo: il terrorismo è solo una manifestazione del genio nazionale. Beninteso, una delle tante. Fascisti con il manganello, mafiosi, assassini del rivale in amore. Resistenti con lo sten e il colpo in canna, briganti con il cappellone floscio, brigatisti: tutta gente con il destino segnato nel dna. Cè poco da fare: un gene ci spinge ad abbattere a rivoltellate il vicino di pianerottolo. «Eravamo e siamo un paese che si odia».
Fin qui, potremmo anche concordare. A differenza di Benedetto Croce non abbiamo mai creduto che i fascisti - e dunque anche i brigatisti - fossero Hyksos, popoli stranieri venuti ad invaderci. Più difficile accogliere la tesi del parricidio: «Siccome nessuno ci aveva spiegato chi fossero davvero i nostri padri, non potemmo fare altro che ammazzarli». Via, dove siamo, in una tragedia di Eschilo? Ricavare dagli italiani un popolo di parricidi, che mission impossible...
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