Cresce il timore di uno choc alimentare mondiale

È il grande terremoto capace di mandare a rotoli un mondo piegato dal disordine economico. Le prime scosse hanno colpito uno dopo l’altro ben 12 paesi in via di sviluppo. Ma il sisma rischia di peggiorare trasformando le «sommosse della fame» nella nuova piaga del ventunesimo secolo, condannando alla miseria centinaia di milioni di abitanti delle aree più depresse e rendendo difficile la vita dei ceti non garantiti nei paesi industrializzati.
All’origine di tutto ci sono gli aumenti dei prezzi di riso e cereali determinati dall’aumento della popolazione, ma anche dal maggior consumo di carne visto che per produrre un chilo di bistecche ci vogliono in media otto chili di grano. A far la differenza contribuiscono pure la corsa ai biocarburanti colpevoli di sottrarre spazio alle colture tradizionali, il rincaro del petrolio e i cambiamenti climatici.
Negli ultimi sette anni le inondazioni hanno determinato un crollo del 10% della produzione di grano cinese mentre la siccità ha fatto crollare del 60% la produzione di grano australiano. In questo panorama il prezzo del grano è aumentato del 130% nell’ultimo anno e quello del riso del 74% mentre le scorte dei generi di prima necessità si sono praticamente esaurite.
Finora le «sommosse della fame» hanno colpito Egitto, Camerun, Costa d’Avorio, Senegal, Burkina Faso, Etiopia, Indonesia, Madagascar, Filippine e Haiti. Dalla città di Redeyef nel centro della Tunisia arrivavano ieri notizie di scontri tra polizia e dimostranti armati. In Egitto lunedì un adolescente è rimasto ucciso negli scontri con le forze di sicurezza e tre giorni fa una madre di quattro bimbi è stata schiacciata dalla folla in fila davanti ad una panetteria statale alla periferia del Cairo.
«Siamo davanti uno choc alimentare mondiale, meno visibile di quello petrolifero, ma con gli effetti potenziali di un vero tsunami economico e umanitario», ha spiegato il Commissario europeo per lo Sviluppo, Louis Michel. «Bisogna avviare un enorme piano di trasferimento di sementi, fertilizzanti e mezzi di produzione nei Paesi in via di sviluppo per aumentare la produzione di cereali; non è più possibile contare sulle scorte mondiali di cereali che sono al livello minimo dal 1980 e sono diminuite del 5 per cento rispetto all’anno scorso».
Un documento riservato dell’Ocha, l’agenzia dell’Onu incaricata di coordinare gli aiuti alimentari, avverte che le organizzazioni umanitarie ricevono meno doni in natura e devono spendere di più per acquistare cibo a causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia. Secondo il documento - ottenuto e pubblicato dal quotidiano francese Le Monde - il sistema d’aiuti rischia dunque di non riuscire a far fronte alla nuova emergenza. «Questo significa - si legge - che 1,2 miliardi di persone potrebbero avere cronicamente fame da oggi al 2025: 600 milioni di persone in più di quelle previste».
Il boom dei prezzi alimentari rischia anche di sospingere nuovamente all’ analfabetismo e all’ignoranza le future generazioni dei paesi più poveri. Secondo il portavoce dell’Unicef, Veronique Taveau, il carovita, legato agli alti prezzi del cibo, «innalza le spese delle famiglie, costringendole a non mandare i figli a scuola, per avviarli subito al mercato del lavoro».


In Cambogia il Programma Alimentare Mondiale ha, invece, dovuto sospendere la somministrazione di pasti caldi nelle scuole perchè i distributori locali attratti dai prezzi di mercato più alti hanno chiuso i contratti con l’agenzia Onu lasciando senza pranzo 450.000 bimbi.

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