La crisi dei giornali di sinistra

Benvenuti al luna park dell’odio, ad accogliervi c’è la coppia Padellaro&Travaglio. Che noia la gara delle martellate all’incudine Bondi, pure le sfide al pungiball Minzolini hanno stufato. Da ieri è partito il torneo delle freccette al fiele, con tanto di nomi e cognomi per essere sicuri di non sbagliare mira. Eppure all’ingresso del parco divertimenti Fatto Quotidiano non c’è più la fila da un pezzo, e il clima non è esattamente da festa patronale. Il popolo che si sazia a pane e Fatto, a leggere i dati diffusi ieri da Ads (Accertamenti diffusione stampa, gli ultimi dati disponibili si riferiscono a novembre 2010) non supera le 79mila e 736 unità.
Insomma, i numeri del «botteghino» a fine mese parlano chiaro: è già finita la pacchia del debutto, datato 23 settembre 2009. Le fanfare, allora, suonavano la melodia del tutto esaurito. Tradotto in copie significava 132mila al primissimo numero, quello del titolo boom «Indagato Letta», anche se poi la realtà era un tantino diversa, ma che importa... Sull’onda dell’entusiasmo, il giorno successivo il record di 137mila acquirenti in edicola, 125mila al terzo giorno di pubblicazione. Altro «picco» da ricordare, il giorno della bocciatura del Lodo Alfano con 133mila copie vendute. Fino all’assestamento, nel mese di novembre 2009, con 60mila copie vendute e un tesoretto di 40mila abbonati all’edizione online, quelli che avevano «prenotato» il foglio di battaglia già mesi prima del battesimo sul mercato. Ebbene, superato il giro di boa della prima candelina, il Fatto travagliato ha visto ridursi la quota abbonati a 8.872 unità (ancora dati ufficiali Ads). Se così fosse la perdita secca di lettori fidelizzati sarebbe pari al 78 per cento. A compensare il saldo negativo, è arrivato sabato il comunicato del consiglio di amministrazione del quotidiano, che si è vantato con l’Ansa di «un incremento nelle vendite in edicola del 31 per cento nel periodo 1 gennaio-15 febbraio rispetto a quelle del corrispondente periodo del 2010», senza però rivelare il numero preciso di copie, che indiscrezioni attestano massimo a 60mila. In ogni caso, non c’è da stupirsi in pieno impeto da Rubygate.
Le statistiche a luci ma soprattutto ombre del (Mis)Fatto quotidiano si rispecchiano nelle sorti delle altre pedine dell’antiberlusconismo militante. Segno che botte e tiro al bersaglio alla lunga smette di esercitare fascino nella folla, pur aizzata a dovere. A partire dall’inchiostro velenoso del gruppo De Benedetti: Repubblica (-8,2% di copie vendute in un anno), L’espresso (-7,7%), Il Tirreno (-4%), La Nuova Sardegna (-2,3%), Il Messaggero veneto (-1,6%).

E poi l’Unità, nonostante la onnipresente direttora Concita De Gregorio, crollata del -12,1% e quel Manifesto ridotto ai minimi termini (-14,3%). Ma «venghino ’siori venghino», il circo mediatico del dagli al nemico porta sempre in città una nuova attrazione.

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