Crisi nella Cgil. Fiom: ora un referendum

da Roma

«Se serve, anche il voto di fiducia. Sarebbe ridicolo riaprire tutta la partita e ricominciare da capo. I lavoratori non lo sopporterebbero». Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha rivendicato i meriti del sindacato nella chiusura della trattativa sulle pensioni aggiungendo di aver ricevuto dal premier Prodi l’assicurazione che l’intesa non sarà stravolta dal Parlamento.
Secondo Bonanni, ottimista sull’approvazione della riforma da parte dei lavoratori, è «profondamente ingiusto che a decidere sui temi sociali siano i partiti» perché «nel migliore dei casi veniva fuori una Bosnia». Anche per questo motivo ha invitato le forze politiche a «un sostegno politico bipartisan». Il problema, tuttavia, è un altro. Se la Cisl può vantarsi di aver gestito in modo forte un confronto difficile con una maggioranza frantumata dove i riformisti «all’amatriciana» cercavano ogni pretesto per mettersi contro la sinistra radicale, dall’altra ci sono pezzi di sindacato che si sentono delusi. Come ha detto il segretario generale della Fiom-Cgil, Gianni Rinaldini, «l’accordo è stato pagato tutto peggiorando diverse condizioni» sottolineando la necessità che i lavoratori si esprimano al più presto con il referendum.
Un malessere che la Fiom ha trasmesso ai suoi referenti politici che sono Rifondazione e i Comunisti. «Da domani (oggi, ndr) inizia la campagna estiva contro la controriforma delle pensioni», ha detto il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, preannunciando battaglia alle Camere. Ancor più duro il quotidiano del Prc Liberazione che ieri in un editoriale denunciava che l’intesa sulle pensioni «lascia aperte molte ingiustizie» e che «l’unico ordine che ha a che fare con la vicenda è l’ordine che la parte più importante della borghesia italiana (rappresentata da Draghi e Confindustria) ha impartito al governo».
Il discorso è tutto qui. Ora il Prc, che interrogherà i propri iscritti sulla necessità di stare il governo, ha la necessità di accelerare su due fronti. Su quello economico, radendo al suolo la legge Biagi. Su quello politico, velocizzando la costruzione della Cosa rossa visto che lo smarcamento dei Verdi e dei mussiani sulla partita pensionistica non è affatto piaciuto. Sul primo punto, c’è la possibilità di portare a casa qualche risultato. «Vogliamo eliminare le forme più precarizzanti della legge Biagi e limitare l’uso scorretto del contratto a tempo determinato», ha ripetuto il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, sensibile alle istanze rifondarole ma anche a quelle di Confindustria che finora ha tenuto un profilo basso in attesa del tavolo decisivo di oggi. Sul secondo tema, invece, si registra qualche battuta d’arresto anche se il verde Paolo Cento ha rilevato che «è necessario rilanciare l’iniziativa unitaria della sinistra», una controffensiva contro i condizionamenti dei moderati.


Tornare indietro sulle pensioni, però, al momento non sembra possibile. «Troverei sconcertante una crisi sul modello del ’98», ha dichiarato il vicepremier D’Alema, mentre Damiano ha invitato la sinistra radicale a «non tirare troppo la corda per non compromettere» l’accordo.

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