E alla fine ci fu il crollo a Palazzo di Giustizia. Niente metafore politiche o giudiziarie, stiamo proprio parlando di pareti che si sgretolano e vengono giù.
Un controsoffitto ha ceduto nella notte fra mercoledì e ieri, obbligando i vigili del fuoco a chiudere tre uffici al terzo piano del Tribunale. Quello in cui è avvenuto il crollo e, per prudenza, anche i due limitrofi. Ad accorgersi dell’accaduto è stato un impiegato, che ha subito dato l’allarme chiamando i pompieri. Certo, non siamo ancora al «si salvi chi può», ma chi lavora a Palazzo di Giustizia ha poco di che star tranquillo.
Anche perché l’edificio costruito da Marcello Piacentini negli anni Trenta ha già dato segni di pericolosi cedimenti in passato. Tra l’autunno del 2003 e la primavera del 2004, infatti, in diverse zone del Tribunale si verificarono crolli di lastre di marmo. Il ministero mise mano al portafoglio stanziando quasi 50 milioni di euro per far fronte all’emergenza. Evidentemente non bastarono per rendere sicura la struttura.
Tanto che chi lavora negli uffici giudiziari comincia ad avere un po’ paura. Il presidente della corte d’Appello di Milano, Giuseppe Grechi, chiama in causa le istituzioni locali. «Penso sia ora di chiedere al Comune una perizia che valuti tutti gli elementi di stabilità perché non si può aspettare che succeda qualcosa di peggio».
Ancora più critico il punto di vista della rappresentanza sindacale unitaria del Tribunale. I sindacati si sono spinti sino a definire «fuorilegge» Palazzo di Giustizia. E sull’episodio di ieri ringraziano il cielo perché «se fosse avvenuto in orario d’ufficio avrebbe potuto uccidere qualche lavoratore». Forse si esagera, forse no. I lavoratori della Rsu ricordano che, proprio nella zona interessata dal crollo, negli ultimi sei mesi e per due volte erano state segnalate infiltrazioni di acqua piovana. In un caso l’acqua aveva provocato anche un corto circuito.
Sulle cause tecniche del crollo è ancora presto per dare certezze.
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