Niente di nuovo sotto il sole della Sicilia. Appena fa capolino e il mare lo permette, ecco che spuntano i clandestini del Nord Africa. Disperati, denutriti, ricchi solo di speranza. Per il momento ne sono morti dieci. Ma con l’arrivo del bel tempo chissà quanti ne conteremo sui barconi che si avventurano verso le coste dell’isola di Lampedusa. Quanti altri morti ci vorranno prima che scatti il solito allarme annunciato e regolarmente ignorato, dimenticati i tanti titoloni indignati (in epoca Berlusconi) per quest’emergenza che non accenna a cambiare rotta. Già, perché i ministri si succedono, ma le necessità rimangono le stesse. Quelle dell’accoglienza certo, ma soprattutto del blocco preventivo delle partenze e del controllo delle coste libiche e algerine. Andrebbero stoppati in partenza i viaggi della speranza e stroncati sul nascere gli insulsi mercanti di morte che speculano sulla pelle dei clandestini. Ma questa politica, l’unica che si è dimostrata efficace, almeno fino al crollo del governo Gheddafi, con cui l’Italia aveva stretto un patto per il controllo delle coste, è stata pesantemente criticata dal centrosinistra. Ve li ricordate i proclami contro i «respingimenti»? Seguiti nel febbraio scorso da cori di esultanza quando l’Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo su ricorso di un gruppo di 24 immigrati respinti in Libia e maltrattati dal regime di Tripoli. Una politica sbagliata? Sarà. Ma che nel 2010 aveva praticamente bloccato gli sbarchi. Evitando così decine di morti in mare.
Lo sa bene il ministro Annamaria Cancellieri che, proprio mentre piovevano le critiche e le condanne ai respingimenti, in silenzio ha seguito le orme del suo predecessore, Roberto Maroni. Solo che, morto il dittatore, la Cancellieri si è dovuta misurare con le nuove autorità libiche. Che saranno democratiche e corrette? Convinceranno gli immigrati a non imbarcarsi con la «moral suasion»? Staremo a vedere.
Sta di fatto che, dopo un blitz a Tripoli, il ministro è tornata a casa con un’intesa scritta, ma top secret, a differenza di quella del governo Berlusconi, che dovrebbe contrastare l’immigrazione clandestina. Il Viminale dice che sono stati stretti accordi sulla formazione delle forze di polizia, il controllo delle coste, il rafforzamento della sorveglianza delle frontiere libiche, il rientro volontario dei migranti nei paesi di origine. Insomma, molte dichiarazioni promettenti che nessuno ha potuto verificare nero su bianco. Tanto che molti nutrono dubbi. A cominciare da Carlotta Sami, direttrice di Amnesty Italia, che ha chiesto più chiarezza al ministro Cancellieri. Sami invoca «più trasparenza delle negoziazioni e la pubblicazione del testo dell’intesa» visto che a lei risultano «maltrattamenti di migranti». Anche i senatori della Commissione Diritti umani chiedono risposte chiare del governo soprattutto sui presidi che consentono di presentare domanda di asilo ai profughi in fuga dalla guerra. Solo così infatti, si può garantire accoglienza e condivisione di oneri da parte dell’Unione europea. Francesco Ferrante, vicepresidente di Fondazione IntegrA/Azione e senatore del Pd, è convinto invece che sia «assolutamente indispensabile ripristinare al più presto il servizio di prima accoglienza» mentre Livia Turco e Jean-Leonard Touadi, del Pd chiedono anche il rifinanziamento urgente del piano di accoglienza per il 2012; la convocazione del tavolo con la Conferenza delle Regioni, l’Anci e l’Upi. E mentre si discute, i numeri dei clandestini crescono di ora in ora. Nei primi tre mesi del 2012, gli arrivi sono stati 1.407, ma ci sono segnali preoccupanti di una nuova ondata di partenze massicce dal Nord Africa. Giusto ieri, 68 tunisini sono sbarcati a Mazara.
La guerra in Libia è finita, e anche se il Paese è tutt’altro che stabile, dietro gli sbarchi c’è soprattutto la voglia di scappare da durissime realtà di ristrettezze economcihe. Una spinta che potrà mettere in ginocchio ancora una volta Lampedusa. Lo sa bene anche la Cancellieri quando annuncia di voler riaprire il Centro di accoglienza di contrada Imbriacola e anche l’ex base Loran. Ma le strutture saranno pronte solo ad ottobre. E in estate cosa succederà? «Nel giro di 30 giorni - ha risposto - saranno disponibili cinque edifici del centro che potranno garantire una prima ospitalità a 250 persone».
L’intenzione del ministro è quella di restituire la vocazione turistica all’isola non di farne una zona off limits. Lo auguriamo anche noi a tutti gli isolani.
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