Conclave, i cardinali nelle chiese di Roma

I porporati nelle parrocchie della Capitale. Gli americani i più spiritosi. L'arcivescovo di New York scherza: "In conclave cibo così così". Folla per O'Malley

Conclave, i cardinali nelle chiese di Roma

Mentre il Conclave si appresta ad aprirsi, i 115 cardinali accorsi a Roma trascorrono una domenica nella propria parrocchia di riferimento. Oggi hanno celebrato la Santa Messa: come da tradizione, ognuno in una chiesa romana quella cui appartengono dal momento della nomina. "Vivere il senso del conclave nella «prospettiva della fede" è l’invito che padre Federico Lombardi ha lanciato oggi in un editoriale a Radio Vaticana. In una giornata caratterizzata dal silenzio del Vaticano (non ci sono né l'Angelus né le congregazioni generali dei cardinali), il portavoce vaticano ha ricordato che Benedetto XVI è in preghiera a Castel Gandolfo.

Scola: "Serve un Papa santo"

Un "pastore santo", che sappia "edificare la Chiesa con la testimonianza della sua vita" e che segua "le orme segnate dai grandi pontefici negli ultimi centocinquanta anni". L’arcivescovo di Milano Angelo Scola parla così del nuovo Papa che i cardinali si apprestano a votare da martedì in conclave. Papa che potrebbe essere anche lui. E sentite le sue parole, sicuramente sarebbe in continuità con i precedenti pontificati, a partire da quello di Benedetto XVI. È una Roma ancora deserta quella che lo vede a celebrare la Santa Messa, al primo mattino, nella centrale basilica dei Santi Apostoli. Parla di "misericordia" il cardinale nel giorno in cui la Chiesa legge il Vangelo del "figliol prodigo". Misericordia che "non è un colpo di spugna" ma è "fonte di speranza". E allora "la missione della Chiesa è annunciare sempre, anche all’uomo sofisticato e smarrito del nuovo millennio, anche in questi tempi grami, la misericordia del Padre". Cita anche Charles Peguy, scrittore cattolico francese tanto amato da quel movimento, Comunione e Liberazione, per il quale l’arcivescovo di Milano è un saldo punto di riferimento. "Dio che è tutto – diceva Peguy – ha avuto qualcosa da sperare", il ritorno del figlio peccatore. "Anche noi possiamo sperare sempre", dice Scola.

Scherer: "Serve la riconciliazione"

"Rallegriamoci perché Dio è buono e misericordioso con tutti. Questo tempo di Quaresima è il tempo della chiamata al perdono, alla conversione. Senza una possibilità di riconciliazione sociale, tra i popoli e le culture del mondo non potremo avere un futuro di fraternità e di pace per l’umanità". È un forte messaggio di riconciliazione quello che il cardinale brasiliano Pedro Odilo Scherer lancia dalla chiesa di Sant'Andrea al Quirinale celebrando quella che, stando a insistenti indiscrezioni, potrebbe persino essere la sua ultima messa pubblica da cardinale. Martedì si entrerà in conclave e il "papabile" di San Paolo, accerchiato al suo arrivo nella piccola chiesa barocca dei gesuiti da una ressa di giornalisti e cameraman che tenta di strappargli un commento, appare quasi consapevole, mentre celebra la funzione della quarta domenica di Quaresima, di quanto sia forte in questo momento la pressione mediatica su di lui e del rincorrersi delle voci che lo vorrebbero in corsa, in una sfida a due con il cardinale Angelo Scola per il soglio di Pietro. È soprattutto la quantità di operatori della comunicazione giunti dal Brasile che prendono letteralmente d’assalto la chiesa antistante il Quirinale di cui Scherer è titolare, a dare la misura di come l’aspettativa nel Paese in cui a luglio si terrà la Giornata mondiale della Gioventù, primo viaggio internazionale del nuovo Papa, sia davvero alta. Scherer, tuttavia, non si scompone. Alle domande dei giornalisti sul sagrato replica indicando la bellezza della chiesa progettata dal Bernini, chiedendo preghiere per i porporati che da martedì dovranno discernere lo Spirito Santo in Sistina e si dice anche contento che tanta gente sia venuta per partecipare alla funzione. All’interno, la sua omelia, pronunciata in un italiano fluente è tutta incentrata sulla parabola del Figliol prodigo, sul perdono e la riconciliazione che "non è solo chiedere perdono ma anche ridare quello che è stato perduto". "Tutti abbiamo da chiedere perdono - sottolinea - Gesù non è venuto per i giusti ma per i peccatori. Anche ai Farisei che facevano tutto secondo la legge, sentendosi così nel giusto, mancava invece qualcosa, mancava la misericordia, la comprensione. Questo è ciò che vuole Dio, la conversione del cuore". Al termine della Santa Messa, Scherer fa avvicinare all’altare una coppia di anziani romani, Carmine e Maria, per benedire la loro unione di cui festeggiano il settantesimo anniversario. "Che bello, ringraziamo il Signore", si rallegra il papabile di San Paolo, che aggiunge una battuta: "Settant’anni, io non ero nemmeno nato!". In effetti, Scherer, brasiliano di origini tedesche, con i suoi 63 anni e una vasta esperienza pastorale ha dalla sua molte delle caratteristiche attribuite all’identikit del nuovo Pontefice. Arcivescovo in una diocesi sudamericana tra le più grandi del mondo, la sua candidatura nasce però tutta in Curia, lanciata dal grande elettore Giovanni Battista Re che lo ha "cresciuto" quando guidava la Congregazione dei vescovi dove il brasiliano era officiale. Da allora, Scherer, che è anche membro della commissione di vigilanza dello Ior, ha mantenuto molti legami con Roma. Chissà che non li stringa definitivamente.

Una folla per O'Malley: "Ma io torno a Boston..."

L’arcivescovo di Boston, cardinale Sean O'Malley ha fatto oggi quello che è probabilmente il suo ultimo discorso pubblico prima di entrare nel conclave martedì per eleggere il nuovo papa. C’era spazio solo per stare in piedi nella chiesa titolare di O'Malley, Santa Maria della Vittoria a Roma, dove sia i fedeli sia i media riempivano la basilica minore per ascoltare il frate cappuccino celebrare la messa e pronunciare l’omelia in italiano, un segno che secondo gli osservatori vaticanisti potrebbe essere interpretato come una sorta di "provino" per diventare il vescovo di Roma. Ma all’inizio della sua omelia il cardinale ha messo in chiaro, come ha fatto molte volte in passato, che non ha alcuna intenzione di essere elevato al trono di San Pietro: "Desidero assicurarvi tornerò a Boston come un cardinale dopo il conclave, e forse mi prendo la statua di Santa Teresa con me". O'Malley, che a volte ha fatto fatica a trovare la giusta pronuncia, ha aperto infatti il suo intervento con una battuta sulla famosa statua della chiesa, l’Estasi di Santa Teresa del Bernini: "Quando ho preso possesso di questa bellissima chiesa, ho detto, scherzando, di aver pensato di portarmi la Santa Teresa di Bernini a Boston", ha raccontato al pubblico sorridendo: "La risposta che mi è stata data e che già Napoleone aveva provato a farlo". La sua omelia è stata incentrata sui temi quaresimali classici del figliol prodigo e di Cristo come Buon Pastore, "per il quale ogni pecora è preziosa". Attraverso il clamore dei clic delle macchine fotografiche, la sua voce lieve ma costante ha portato un messaggio di benvenuto per coloro che hanno lasciato la Chiesa e uno di apertura per la stessa Chiesa per ricevere le persone perdute.

Dolan ringrazia per le caramelle

Questa mattina la parrocchia romana di Nostra Signora di Guadalupe ha fatto omaggio al suo cardinale, l’americano Timothy Dolan, di un cesto alimentare. "Vedo vino, cose da mangiare, grazie a tutti ma non lo apro fino a Pasqua, c’è il digiuno". Poi ci ha ripensato: "Magari il pacchetto di caramelle me lo porto in conclave, ho sentito dire che il cibo è così così, magari ogni tanto scarto una caramella...". Poi ha promesso ai tanti fedeli che hanno partecipato alla Santa Messa: "Tornerò da voi, tanto rimango a Roma fino alla prima messa del nuovo papa". "Oggi mi sento come il figliol prodigo - ha detto il cardinale citando il Vangelo del giorno - perché sono tornato in questa parrocchia". La chiesa lungo via Trionfale, non lontana dal policlinico Gemelli, straboccava di gente.

Erano presenti famiglie con bambini, suore, gruppi di giovani, giornalisti e il cardinale americano ha ribadito più volte la sua "grande gioia" e ha ringraziato per il sostegno dei fedeli con la preghiera. Infine, ha concluso sottovoce: "Dopo la cattedrale di San Patrizio a New York, è questa la mia chiesa preferita ma non ditelo alla gente di New York, soprattutto non ditelo ai giornalisti americani".

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