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Coronavirus, il "paziente uno" non è Mattia? Un anziano colpito a gennaio

Il mancato allarme dopo l'anomalo incremento di polmoniti e la circolare del Ministero della Salute: così il virus ha colpito l'Italia impreparata

Coronavirus, il "paziente uno" non è Mattia? Un anziano colpito a gennaio

Siamo sicuri che il "paziente uno" sia Mattia di Codogno? Un'inchiesta di Report fa luce su un anziano che si sarebbe ammalato di Coronavirus a gennaio: dopo essere stato ricoverato in una clinica privata di Piacenza sarebbe stato portato via dal personale che indossava tute da biocontenimento. Come riportato da La Repubblica, a raccontare la situazione è stata una radiologa della clinica Piacenza del gruppo Sanna, dove ora si contano in malattia 150 operatori su 250, alcuni dei quali probabilmente infettati prima che venisse diagnosticato il primo caso ufficiale di Covid-19 in Italia.

Quell'anziano è infine deceduto dopo essere risultato positivo: è lui il vero "paziente uno"? L'inchiesta del programma condotto da Sigfrido Ranucci, in onda questa sera su Rai 3, proverà a dare risposte in merito. Bisognerà vederci chiaro anche sul fatto che uno dei medici della clinica che ha accusato i primi sintomi lo stesso giorno della diagnosi di Codogno: il chirurgo - che ha operato fino al 12 febbraio - avrebbe scoperto di essere contagiato dieci giorni dopo a Tenerife; alla Sant'Antonino (un'altra clinica del gruppo) il 17 febbraio un ulteriore anziano sarebbe stato portato via dal 118 e poi sarebbe risultato positivo.

L'Italia impreparata

Va considerato che già da fine dicembre nella zona si è registrato un anomalo incremento di polmoniti particolarmente virulente e refrattarie alle cure: nessuno ha dato l'allarme? Nessuno ha cercato il virus? Perché? Report ha scoperto che il Ministero della Salute mediante una circolare avrebbe dato due indicazioni precise: cercare nei pazienti sospetti un link con la Cina ma anche una polmonite che non risponde alle cure. Proprio questo secondo punto sarebbe scomparso in una circolare di cinque giorni dopo per poi ripresentarsi solamente il 9 marzo.

E in tutto ciò l'arrivo delle mascherine è ancora intralciato dallo Stato, tra la folle burocrazia e le tasse. La Lega ha presentato emendamenti al decreto Cura Italia che propongono l'Iva al 4% su mascherine e respiratori e incentivi per le pmi fino a 2 milioni di fatturato. Paolo Tiramani ha infatti puntato il dito contro lo Stato: "Invece di agevolare gli imprenditori pretende il normale pagamento anticipato dell'Iva applicando un onere del 6,3% sulla maggior parte dei dispositivi".

Il deputato del Carroccio ha perciò denunciato l'assurda situazione: "Le imprese non solo devono sostituirsi allo Stato nel reperire le mascherine da destinare alle amministrazioni locali, ma devono anche scontrarsi con dogane che non agevolano il rilascio rapido del materiale, dispositivi che hanno costi gonfiati e corrieri espressi che applicano importi per le importazioni aeree fino al 30% del valore della merce".

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