Così i vitalizi ai politici hanno salvato il Pci

C'è dietro un antico trucco di cui è vietato parlare, censurato dalla memoria come è stata censurata l'infame alleanza fra Stalin e Hitler

Così i vitalizi ai politici hanno salvato il Pci

Questa storia dei vitalizi (io stesso sono un ex parlamentare) va raccontata. C'è dietro un antico trucco di cui è vietato parlare, censurato dalla memoria come è stata censurata l'infame alleanza fra Stalin e Hitler.

Quando i cosiddetti «padri fondatori» della Repubblica stabilirono di dare un «vitalizio» (e non una pensione, attenzione) agli ex senatori e deputati, fornirono una ragione nobile come paravento di una truffa imposta dal Partito comunista e appoggiata per gioiosa convenienza da tutti gli altri. Il criterio nobile era questo: i bravi cittadini che vanno in Parlamento a Roma per rappresentare il popolo compromettendo il loro lavoro, la loro salute e quella delle loro famiglie (doppia vita, doppie case, doppie mogli) vanno compensati con un vitalizio che non è una pensione contributiva, ma il riconoscimento del rischioso servizio prestato.

Il Partito comunista modellò il vitalizio a misura delle proprie esigenze: faceva eleggere in Parlamento, una legislatura a testa, i propri funzionari, cui sequestrava due terzi dello stipendio.

E quando poi i funzionari ex onorevoli tornavano a lavorare c'era pronto per loro uno stipendio con cui lo Stato li adottava vita natural durante affinché le casse del Pci non avessero a soffrire. Gli altri partiti si accodarono per convenienza ipocrita e la stessa opinione pubblica, intimidita in nome dei padri fondatori, ancora oggi non osa alludere al peccato originale del vitalizio.

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