Dilaga la "Cannabis light", nuovo store a Terni

Polemiche sull'apertura dello store che vende la marijuana "legale"

Dilaga la "Cannabis light", nuovo store a Terni

Lungo via De Filis, a Terni, qualche passante strabuzza gli occhi, se li stropiccia e non ci crede. C’è scritto proprio “Cannabis shop” sull’insegna del civico 13 dove, da pochi giorni, “Xxx Joint” ha alzato la serranda. All’interno dello store, che deve il suo primo successo alle vendite on-line, c’è di tutto: accessori per la coltivazione indoor, lampade, grow box, semi da collezione e, per i più pigri, ci sono anche i vasetti già pronti. Quelli della cosiddetta “cannabis light”. Apparentemente le classiche piantine dal color verde intenso e con le foglie dentellate, queste talee di cannabis sono però prive di effetti psicoattivi perché il Thc presente è inferiore allo 0,2 per cento. Poi ancora accendini, cilum e bong.

Insomma, a disposizione dei clienti, c’è l’alfa e l’omega della marijuana. E, pur non essendo il primo ad aprire in città e nel resto della Penisola, il negozio ha diviso la politica locale. Sarcastico, dal suo profilo Facebook, Marco Cecconi, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, scrive: “Riparte l’economia, più cannabis per tutti”. Mentre il suo omologo grillino, Thomas De Luca, parla di “delirio proibizionista” del centrodestra ricordando che, la sostanza in questione, “non ha alcun principio psicoattivo” e, quindi, “è assolutamente legale”. La questione, però, sembra esser meno pacifica di come la si vorrebbe far passare se si considera che la “cannabis light”, come ha spiegato a Il Fatto Quotidiano Anna Maria Caputo, direttore tecnico della Polizia scientifica, “può essere sottoposta a sequestro”.

Alberto Valsecchi, gestore di un negozio analogo che si trova in viale Tibaldi a Milano, aveva raccontato all’Ansa che la “cannabis light”, teoricamente, avrebbe “scopi ornamentali”. Bisogna quindi impedirne la fioritura, mantenendola “sotto una luce artificiale o naturale almeno 18 ore al giorno”. Versione confermata a Il Resto del Carlino anche da uno dei nove soci della società farolivese “Cbweed” che vende la cannabis legale in corso Garibaldi: “Noi non la vendiamo perché sia fumata, ma per collezionismo… Non so, qualcuno la apprezza a livello estetico, ad esempio”.

Ma che succede se la procedura suggerita dal negoziante non viene rispettata e il cliente non si limita ad ammirare la sua “pianta ornamentale”, bensì, decide di fumarla? “Se il cliente a casa vuole far fiorire le piante per sfruttarne il principio attivo, contenuto nell’infiorescenza - aveva spiegato Valsecchi - questo rientra nel libero arbitrio, noi siamo come un armaiolo che vende un’arma, se poi uno ci ammazza la moglie è una sua responsabilità”. Ed allora, sebbene il principio euforizzante della marijuana sia al di sotto dei limiti di legge, non tutti gli organismi reagiscono allo stesso modo.

Potrebbe anche accadere che, come è capitato ad Antonella, 28enne che ha condiviso la sua esperienza su Vice, “dopo aver fumato sono rimasta incollata alla sedia per un’ora senza riuscire a trovare le forze per alzarmi e andare a casa”.

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