Le foto sbagliate che turbano il Papa

Le torture non nei centri libici, ma opera dei trafficanti in Nigeria

Le foto sbagliate che turbano il Papa

I trafficanti in Libia torturano i migranti, povera merce umana, che trattano come schiavi. Lo hanno sempre fatto ed il Papa ha ragione a denunciarlo, dopo aver visto i filmati girati con i cellulari dagli stessi schiavisti. Video che gli aguzzini mandano via Whatsapp ai parenti dei disgraziati bloccati in Libia per lucrare più soldi sul loro sordido traffico. Però non si può far finta che tutti i migranti riportati in Libia facciano questa fine. E ancor di più fa male alla stessa causa dell’accoglienza spacciare immagini che riguardano la Nigeria o dubbie sulla Libia come le drammatiche scene viste da Papa Francesco, proprio sul quotidiano dei vescovi.

Troppo facile fare, poi, marcia indietro ammettendo di aver sbagliato didascalie. Oramai il danno nel tritacarne dei social è fatto e non si distingue più il vero dal falso. La costola dell’Onu sull’immigrazione ha denunciato fin dallo scorso anno un vero e proprio mercato degli schiavi in Libia e Niger, oltre a violenze di ogni tipo. I trafficanti hanno strappato denti, gettato acido sul corpo delle vittime, frustato e violentato spesso in diretta telefonica per far sentire le urla ai parenti dei migranti. Addirittura hanno bruciato vivi dei disgraziati che cercavano di scappare come monito per gli altri. Un orrore che va avanti da anni e che avveniva anche nel 2017 quando al governo c’era il cattolico Gentiloni ed il ministro dell’Interno, Marco Minniti, cominciava a rafforzare la Guardia costiera libica per intercettare i barconi dei migranti. Nessuno, però, faceva vedere al Papa i filmati delle torture che riguardano il sistema bestiale e illegale messo in piedi dai trafficanti. E proprio questo sistema va combattuto fermando l’emigrazione di massa che fa diventare ricchi gli schiavisti. I migranti intercettati in mare dalla Guardia costiera libica (380 nell’ultima settimana) vengono riportati a terra dove il personale dell’Onu li visita prima del trasferimento nei centri di detenzione legali gestiti dal ministero dell’Interno di un Paese riconosciuto dalle Nazioni Unite e dall’Italia. Non sono alberghi a cinque stelle.

Nei miei reportage li ho paragonati a gironi infernali. Però si sta cercando di migliorare la situazione grazie ad un maggiore intervento della comunità internazionale, dell’Italia e pure di Ong che, finalmente, hanno deciso si sporcarsi le mani a terra e non solo fare i salvatori in mare. Gli scontri fra milizie contrapposte di questi giorni a Tripoli certo non aiutano, ma è stato messo in piedi pure un centro modello che dovrebbe essere gestito dall’Onu. Una struttura pronta per l’inaugurazione dove i migranti che hanno diritto all’asilo potranno raggiungere l’Europa e gli altri tornare a casa. Un primo abbozzo delle «piattaforme di sbarco» sottoscritte nell’ultimo Consiglio d’Europa.

In pratica, delle enclave che dovrebbero nascere anche in Tunisia, Algeria, Albania, dove i migranti vengono trattati con rispetto e umanità da personale dell’Onu e di Frontex. Altrimenti, se facciamo di tutta l’erba un fascio e diamo ascolto solo ai talebani dell’accoglienza, i trafficanti continueranno a prosperare e a filmare l’orrore del traffico di merce umana.

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