Cronache

La malattia rara di Erica: "La mia pelle sa di pesce marcio"

Erica Astrea, 35 anni, è una delle quindici persone in Italia affette da trimetilaminuria, una rarissima patologia della pelle che la fa odorare di pesce.

La malattia rara di Erica: "La mia pelle sa di pesce marcio"

Trimetilainuria. Ne soffrono appena quindici persone in Italia e si tratta di una tanto rara quanto crudele malattia della pelle che la fa odorare di pesce marcio. Erica Astrea ha 35 anni ed è una dei quindici italiani affetti dal mostro della TMAU. La donna si è sfogata e raccontata a Leggo: un’intervista a tutto tondo nella quale spiega cosa significhi vivere tutti i giorni con tale "handicap". Lo aveva già fatto un anno fa, aprendosi alle Iene, in una chiacchierata con Nina Palmieri.

Oggi, Erica torna a parlare di questa sindrome che la porta a emanare cattivo odore, simile alla puzza di pesce. Purtroppo, a oggi non esiste ancora una cura: "È una malattia del metabolismo che provoca un difetto nella normale produzione della flavina monossigenasi (FMO3). Il mio corpo non è capace di degradare una molecola maleodorante (TMA) che si accumula nell’organismo e viene espulsa attraverso la sudorazione, la saliva, l’urina, il respiro e le secrezioni vaginali, provocando quale effetto l’emanazione di cattivo odore". Un odore – spiega – acido, simile appunto a quello del pesce marcio, che dà il nome alla patologia.

La 35enne ne soffre fin dalla nascita, ma il problema si presenza con forza solo quando il neonato viene svezzata e inizia a mangiare alimenti che contengono i cosiddetti precursori della trimetilamina (come la colina, la lecitina, la betaina e la carnitina): "Io non sentivo il mio odore, e anche i miei genitori ne erano assuefatti al punto da non notarlo. Ma non era raro che le persone attorno mi indirizzassero frecciatine parlando di igiene personale”, spiega ancora al quotidiano free press diretto da Davide Desario. “Mi lavavo in modo compulsivo, arrivando a fare anche dieci docce al giorno", rivela ancora la donna, dicendo che per anni diversi medici le dicevano che si trattava di una questione psicosomatica: "Ma io non ero pazza…".

A scuola gli anni forse più difficili, ma non solo "La gente mi isolava. In treno, le persone cambiavano vagone. A scuola di danza, gli altri cambiavano sala. In ufficio, i colleghi aprivano porte e finestre anche d’inverno".

Dunque, solo qualche anno fa a scoperta vera e propria della malattia: "Un giorno, avevo 30 anni, il mio ex fidanzato mi ha detto che in determinati momenti emanavo un odore simile a quello del pesce marcio. Così abbiamo iniziato ad indagare e siamo arrivati alla TMAU attraverso un test effettuato presso il centro di ricerca dell’Università di Messina, coordinato dalla dottoressa Antonina Sidoti. All’epoca era l’unico in Italia, oggi ce ne sono anche a Roma, Napoli e Bologna".

Una cura, come detto, non c’è (ancora), ma chi ne soffre può prendere delle contromosse: "Per cercare di minimizzare le conseguenze della TMAU seguo una dieta restrittiva, eliminando carne, pesce, uova, legumi, prodotti con lievito e cereali. Particolare accortezza dedico all’igiene del corpo, ma è fondamentale anche il supporto psicologico.

Chi soffre di Tmau tende ad isolarsi, avere pensieri estremi: anche io ho vissuto e vivo tutt’ora momenti difficili".

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