Marino sfratta gli italiani e accoglie gli immigrati

A Roma il Comune dismette i residence destinati alle famiglie indigenti: "Costano troppo e non sono dignitosi"

Marino sfratta gli italiani e accoglie gli immigrati

«Ci mettono paura. Dicono che il 31 agosto taglieranno le utenze e procederanno allo sgombero forzato e intanto il Comune non ci fa sapere niente». Fabrizio Cerro è angosciato, la sua è una situazione difficilissima. In dialisi da 4 anni, invalido, è rimasto disoccupato con una moglie e tre figli piccoli: il primogenito di 8, la femmina di 6 e l'ultimo arrivato di appena 7 mesi. Vive in 45 metri quadri con la sua famiglia all'Infernetto in uno di quei residence che il Comune affidava in gestione alle cooperative sociali. Tra queste molte sono finite travolte dalla bufera di Mafia Capitale.

Il Campidoglio ha deciso mesi fa di chiudere i residence, i cosiddetti Caat, ovvero i Centri di assistenza alloggiativa temporanea perché costano troppo, circa 40 milioni di euro annui, e non offrono una soluzione di vita dignitosa alle famiglie ospitate. Una scelta in sé dunque giusta con l'obiettivo sia di risparmiare sia di migliorare le condizioni di vita di queste famiglie ma che nella pratica non sta funzionando per tutti. Non ci sono buone notizie per Cerro che da settimane vive nell'incertezza perché non sa che fine farà insieme ad altre decine di famiglie. A denunciare il gravissimo disagio di questa famiglia italiana che ne rappresenta tante altre che cercano di tirare avanti è il consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Fabrizio Ghera. «Il sindaco Marino e gli assessori Sabella e Danese si occupano dei migranti, ostentano la loro solidarietà per i profughi ma intanto a farne le spese sono i più deboli, le famiglie italiane che non ce la fanno più - attacca Ghera - Capisco la necessità di tagliare i rapporti con le società compromesse dallo scandalo di Mafia Capitale ma gli utenti, le persone, sono vittime eppure vengono trattate come carne da macello. Questa famiglia non ha notizie certe, non ha contatti diretti con il Comune ma solo con la cooperativa. Perché? Aiutare gli italiani non fa notizia? Non è abbastanza progressista?».

Ed invece è proprio di certezze che questa famiglia ha bisogno. Il primogenito ha difficoltà di apprendimento ma ora si è ben ambientato nella scuola di via Cilea dove, spiega il papà, le maestre già conoscono le sue problematiche. «Non possiamo di nuovo cambiare zona e perdere tutti i punti di riferimento: la scuola, il centro di sostegno per mio figlio, l'ambulatorio per la mia dialisi - dice Cerro - Abbiamo accettato tutto in questi anni, abbiamo vissuto in 5 in 15 metri quadri. Ora vorremmo soltanto un po' di stabilità, non cambiare zona. E sapere che fine faremo il prima possibile».

Oltretutto la dismissione di questi residence non sta seguendo un percorso lineare. Al Porrino, fa notare Ghera, dopo lo sgombero delle famiglie è arrivata un'ottantina di profughi sistemati a spese del Campidoglio. Ma allora la dismissione per i profughi non vale?

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