Il microbiologo Clerici: "Ora la sfida è capire quali anticorpi ci proteggono"

I test del sangue per capire se una persona ha prodotto gli anticorpi contro il virus. Poi bisognerà capire se ci rendono immuni e per quanto tempo

Il microbiologo Clerici: "Ora la sfida è capire quali anticorpi ci proteggono"

La curva della pandemia da nuovo coronavirus è stabile. E si inizia a pensare al post emergenza. Le maggiori attenzioni sono puntate sugli esami del sangue, per ricercare gli anticorpi e capire quali persone siano immuni al Sars-Cov-2.

Non si tratta del tampone faringeo, effettuato per cercare la presenza della malattia, ma di test sierologici che stabiliscano se quella persona ha fabbricato gli anticorpi contro il virus, preziosi per sconfiggere il Covid-19. I test cercano due tipi di anticorpi: IgM e IgG, i primi prodotti appena dopo l'infezione, mentre gli altri compaiono successivamente.

Ma, perché gli anticorpi siano efficaci devono essere in grado di neutralizzare il virus. Per questo, bisogna capire il potere di questi anticorpi. Infatti, solo se fossero in grado di neutralizzare il virus, sarebbero in grado di immunizzare una persona. A spiegarlo al Corriere della Sera è Pierangelo Clerici, presidente dell'Associazione Microbiologi Clinici Italiani e della Federazione Italiana Società Scientifiche di Laboratorio. Contro alcuni virus, come l'Hiv, l'organismo svuluppa degli anticorpi, utili per la diagnosi, ma incapaci di impedire al virus di attaccare la perona e quindi non garantiscono immunità.

Altri virus, invece, vengono resi innocui dagli anticorpi. "Per capire se quelli fabbricati dal nostro sistema immunitario nei confronti di Sars-Cov-2 ricadono in questa seconda categoria serviranno altri test di laboratorio, che dovrebbero rendersi disponibili nel giro di un paio di settimane", spiega Clerici. Una volta trovati i test efficaci, "sarà possibile dapprima verificare se un anticorpo eventualmente presente nel sangue di un paziente che ha contratto l'infezione si lega a una determinata proteina (antigene) del virus e poi, qualora ciò avvenga, capire se questo legame è sufficientemente saldo da non permettere più al virus di infettare altre cellule". Si cercherà di separare antigene e anticorpo e se questo non fosse possibile sarà segno del potere neutralizzante dell'anticorpo, che "farà da scudo nel caso di un nuovo incontro di quella persona con il virus, rendendolo immune e di conseguenza non a rischio di infettare altri individui". Larisposta anticorpale "richiede in genere dai 7 ai 10 giorni a partire dal momento dell' infezione".

Ma prima di arrivare a questo passaggio, bisogna stabilire "fra i molti test in commercio a questo scopo, quali sono davvero affidabili. Una risposta in proposito la si potrebbe ottenere in breve tempo, diciamo una settimana, coinvolgendo i laboratori di microbiologia clinica del nostro Paese". La verifica dei test disponibili è già stata avviata in Veneto: "Ne abbiamo individuati alcuni effettivamente affidabili- specifica Roberto Rigoli, direttore della Microbiologia e Virologia dell' Ussl 2 di Treviso-ma va sottolineato che la maggior parte di essi non sono risultati tali e quindi sarebbe disastroso usarli perché potrebbero indurre a considerare immuni dal virus persone che invece non lo sono affatto".

Infine, nel caso in cui si trovano anticorpi neutralizzanti,

individuati con i test considerati efficaci, bisognerà capire la durata dell'immunità. Per verificarlo bisognerà controllare "a cadenza fissa, per esempio ogni tre mesi, chi ha anticorpi protettivi".

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