Alla Camera non si può neanche allattare. La denuncia di una deputata

La denuncia di una deputata. A Montecitorio le neo mamme sono considerate in "missione" non in "maternità"

Alla Camera non si può neanche allattare. La denuncia di una deputata

Ricordate l'eurodeputata Licia Ronzulli? Le immagini che la ritraevano in Aula, a Strasburgo, mentre votava con la sua piccola bambina in braccio (guarda la foto sotto), fecero il giro del web e delle tv. Lo stesso avvenne per la deputata danese Hanne Dahl, la prima, nel 2009, a portare la figlioletta in aula per le votazioni. Nel parlamento europeo, del resto, le mamme-deputate possono tranquillamente partecipare ai dibattiti e alle votazioni, con i neonati al seguito. A Parigi esiste un asilo nido sia all'Eliseo sia all'Assemblea nazionale. E lo stesso in altri paesi: in Spagna, ad esempio, le parlamentari possono votare per via telematica. In Svezia ci sono servizi per i bimbi e l'allattamento. E in Italia? Siamo lontani anni luce: non ci sono servizi e le donne, così, si vedono costrette a dover scegliere tra i figli e la politica. La deputata Vanessa Camani (Pd), subentrata alla Camera dopo l'elezione in Europa di Alessandra Moretti, in un'intervista a Repubblica lamenta un grave problema. Ha due figli e il più piccolo ha soli tre mesi. Con le regole che esistono a Montecitorio i bambini non possono entrare in Aula e lei, ovviamente, deve occuparsi del suo, allattandolo ogni tre ore. "Pensavo di portare con me Pietro, e pure Anna, due anni, ma non c'è una nursery né uno spazio bambini", dice sconsolata. Quando le chiedono come mai non prenda una baby-sitter risponde in modo così chiaro da non ammettere repliche: "La baby-sitter non allatta".

Fa sapere anche che, appena messo piedi alla Camera, ha potuto utilizzare gli spazi del proprio gruppo per mettere il passeggino, i pannolini, i biberon e tutto il necessario, dandosi il cambio con il marito e un'amica. Ma, ovviamente, non può essere una soluzione adeguata. Il disagio proseguirà fin quando la deputata allatterà il suo bambino (poi verrà il nido vicino a Montecitorio). Smetterà di allattare in anticipo: "Ho deciso a malincuore che dopo l'estate smetterò, con Anna avevo fatto per un anno, ma è l'unico modo per iniziare almeno a settembre". Ma iniziare a fare cosa? La sua attività di deputata. Perché non potendo lasciare il suo bimbo non può partecipare ai lavori in Aula. Nel frattempo percepisce l'indennità. Per regolamento lei figura "in missione". Non prevede neanche la voce "maternità". Ma la deputata non è contenta perché, come racconta, ha voglia di fare fino in fondo il proprio lavoro. E come lei molte altre giovani mamme-deputate. Ce ne sono diverse e, a quanto pare, quelle nelle condizizioni della Camani sono rimaste tutte a casa.

Possibile che i nostri politici non sappiano risolvere un problema simile? Un problema che, a ben vedere, non riguarda solo le donne presenti in parlamento (il 30,53%), 197 deputate e 93 senatrici. L'auspicio è che intervengano al più presto per prevedere misure adeguate a sostegno dei diritti dei bambini.

Perché è sui diritti dei bambini (e in seconda battuta anche delle mamme e dei papà) che si deve fare leva per smuovere le coscienze. Possibilmente tenendo conto di una cosa: un problema simile ce l'hanno tutte le mamme che lavorano (e conseguentemente tutti i loro piccoli).

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