«Cara donna, ti ammazzo» era il titolo di un mio articolo del 1976. Avevo collezionato l'elenco delle donne uccise, bruciate, pugnalate, abbattute col fucile o la pistola, affogate nel fiume o scaraventate dalla finestra.
Non è cambiato nulla.
Dopo il rogo della ragazza Sara abbiamo già contato altre tre donne trucidate. Che cosa sarebbe successo se tutte queste donne uccise alla spicciolata (già 59 nel 2016) fossero invece state giustiziate in una sola mostruosa carneficina dell'Isis? L'eco sarebbe stato planetario, come quello del Bataclan. Il governo ha messo in piedi un grande apparato di sicurezza e, per fortuna, di terrorismo non è ancora morto nessuno. Ma dov'è l'apparato per impedire il nostro Bataclan semestrale di donne? Dove sono truppe e giurisprudenza di pronto intervento? Si riempiono molti moduli ma poche celle.
Da meno di un secolo le donne si vedono riconosciuta dignità quasi piena, ma la presa d'atto di larghe fette della società non è pervenuta. Specialmente i maschi giovani non sono stati avvertiti né a casa né a scuola. Quando si dice che il rimedio è la cultura, si dice la mezza verità più facile.
La cultura ci vuole, ma corredata da un apparato efficace che comprenda intelligence e banca dati, come si fa contro il terrorismo. Quarant'anni dopo, il cancro resta lo stesso: cara donna, ti ammazzo, è stato un incidente fatale, vedrai che la farò franca.
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