Minaccia e aggredisce agenti, ma il giudice lo libera subito

Pesaro, sentenza choc giudice che rimette in libertà congolese che aggredì la capotreno e 3 agenti polizia: neppure un giorno di carcere per lui

Minaccia e aggredisce agenti, ma il giudice lo libera subito

Solo 2 giorni fa aveva bloccato il treno Ancona-Bologna, che si era dovuto fermare a Pesaro per permettere agli altri passeggeri di prendere un altro convoglio ed evitare ulteriori ritardi. Le minacce e l’aggressione alla giovane capotreno (di soli 25 anni), che aveva avuto l’unica “colpa” di chiedere il biglietto che chiunque dovrebbe possedere quando utilizza un mezzo di trasporto pubblico. Infine l’aggressione a tre uomini delle forze dell’ordine ancora fuori servizio, il cui intervento era stato richiesto dalla 25enne in pericolo.

Trattasi del 30enne congolese Mondele Mambulu Matuka, pugile dilettante, come lui stesso ha teso a sottolineare alla capotreno per intimorirla, in possesso di cittadinanza italiana. Il nullafacente africano, con una spiccata propensione ad infrangere le regole, era salito sul treno a Senigallia. Proprio qui in città è tra l’altro accusato di aver compiuto violenza su una donna, accusa sempre respinta dato che, secondo lui, si trattava di rapporto consenziente. L’inchiesta è ancora in corso, ma il Gip non ha ritenuto necessario applicare ai suoi danni una misura cautelare.

Tant’è che, a detta del congolese, questo fatto l’ha segnato tanto, portandolo anche a reagire in modo scomposto sul treno. Per lo meno questa è la storiella raccontata al giudice che gli chiedeva, durante il processo per direttissima a Pesaro, il perché di quelle violenze. Storiella conclusa col lieto fine dato che ancora una volta ha evitato di finire dietro le sbarre.

“Avendo in testa tutte queste brutte cose che mi fanno stare male, mi sono sentito chiedere il biglietto ma non ci ho capito niente.”, racconta il congolese, come riportato da “Il Resto del Carlino”. “Mi sembrava di dovermi difendere ancora da qualcosa, di dover spiegare il perché ero lì, perché esistevo, mi sentivo solo. Poi quando ho visto arrivare tre uomini in borghese, non ho capito che erano delle forze dell’ordine. Ho pensato che fossero tre persone che non tolleravamo i neri, che mi consideravano feccia, che la vista del colore della mia pelle gli era insopportabile. Allora ho reagito e non mi ricordo nemmeno come, perché ero completamente fuori di me. Mi sentivo rifiutato e perseguitato, quasi un fastidio per gli altri, tante volte mi hanno detto negro di merda, quindi il biglietto del treno che avevo in tasca non c’entrava più niente. Chiedo umilmente scusa alle persone che hanno avuto pugni o spinte o schiaffi da me ma non me ne sono reso conto subito. Soltanto dopo, in tribunale, ho capito cosa era successo. E oggi che c’è stato il processo ho capito che questa è l’ultima chance per non finire in carcere.

La parte studiata ha funzionato bene dato che, come anticipato, il congolese ha potuto tornare in libertà e riprendere tranquillamente il treno verso casa. “Adesso cerco lavoro”, avrebbe concluso.

Preoccupate e poco tenere le parole del segretario del sindacato della polizia di Stato Marco Lanzi. “Esprimiamo la nostra totale solidarietà e vicinanza al capotreno e ai colleghi vittime dell’aggressione.

Il fatto che nonostante la convalida dell’arresto l’autore dell’aggressione di Pesaro non trascorra un solo giorno in carcere, purtroppo non fa altro che aumentare la convinzione che chi commette dei reati anche con condotte così violente goda di una quasi totale impunità. Servono immediati interventi legislativi che diano un vero e reale valore alla parola giustizia”.

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