Profeti in patria, non in Champions

È stato l'anno delle grandi squadre a metà. Chi ha vinto in patria non ha funzionato in Europa. E chi ha funzionato in Europa non ha vinto in patria

Profeti in patria, non in Champions

Juventus: campionato e coppa Italia. Paris Saint-Germain: campionato e coppa di Francia. Bayern Monaco: campionato e coppa di Germania. È stato l'anno delle grandi squadre a metà. Chi ha vinto in patria non ha funzionato in Europa. E chi ha funzionato in Europa non ha vinto in patria. Perché Atletico Madrid e Real Madrid, che sabato giocheranno la finale di Champions a Milano, o vincono quel trofeo o restano a secco. Negli ultimi tre anni, in finale di Champions è sempre arrivata almeno una squadra che avesse vinto il suo campionato. Nel 2015, il Barcellona vincitore della Champions e la Juventus sconfitta in finale avevano vinto la Liga e la Serie A.

Nel 2014, l'Atletico sconfitto dal Real aveva vinto la Liga. Nel 2013, il Bayern vincente in Champions aveva vinto la Bundesliga. Siamo quindi tornati al 2012, quando in Europa vinse il Chelsea contro il Bayern, mentre i rispettivi campionati erano andati al Manchester City e al Borussia Dortmund. E siamo tornati al paradosso: chi perde sabato sarà arrivato in fondo al torneo più importante e difficile d'Europa, ma finirà la stagione con più amarezza di chi è uscito ai quarti o in semifinale, ma ha vinto il proprio campionato.

Il che svela una morale: il superamento delle leghe nazionali non serve proprio ai grandi club. Perché diminuisce il numero dei trofei, quindi la possibilità di vincere qualcosa, quindi di rendere felici i tifosi. Quindi di fare business, soprattutto.

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