Cronache

In Sardegna bruciate biblioteche viventi di piante e animali

Il Montiferru divorato dal più grande rogo della storia repubblicana

In Sardegna bruciate biblioteche viventi di piante e animali

Da più di 60 ore nella provincia di Oristano sta bruciando una superficie di oltre 20mila ettari, praticamente 200 chilometri quadrati. Cioè un’area più grande di Milano (182 chilometri quadrati) e pari a 28.000 campi da calcio regolamentari messi assieme. Una linea del fuoco lunga circa 50 chilometri che ha azzannato animali, fabbricati e vegetazione, estesa da Bonacardo passando per Santu Lussurgiu e Cuglieri, su fino a Scano di Montiferro, alcune decine di chilometri a nord di Oristano. Ma le fiamme sono arrivate a minacciare i vicini territori delle Marghine e della Planargia. 1.500 cittadini sfollati, danni incalcolabili alla zootecnia e alle imprese agricole della zona. “Sabato ero a Bonàrcado per alcune degustazioni relative alla guida nazionale Vitae ai vini italiani. La notte si vedevano le lingue di fuoco sul monte: cinque canadair e tre elicotteri a combattere le fiamme, una cosa mai vista. Si sono mossi tutti gli abitanti, anche i pastori con i pickup attrezzati con piccole cisterne d’acqua. Erano tutti sconvolti, nessuno ricordava una cosa del genere a sua memoria. La strada per Santu Lussurgiu era bloccata perché le fiamme erano arrivate a occuparla”.

È sconvolto il presidente dell’Associazione Italiana Sommelier della Sardegna, Roberto Dessanti.

A sua memoria non ricorda un disastro simile in un unico incendio?

“Ricordo l’incendio del 1994 nella stessa zona. Il fuoco si fermò a Cuglieri, al Rifugio montano della Madonnina. Le fiamme furono soffocate dalla mancanza di ossigeno. Purtroppo questa volta non è andata così. Il proprietario delle distillerie lussurgiesi ha detto che sono andati perduti in poche ore 50 anni di rimboschimento di questo territorio”.

Nel continente si pensa sempre a una Sardegna interna brulla e spoglia. Non è così?

“Assolutamente no! L’olivastro di Cuglieri aveva più di mille anni, ed è stato cancellato dalle fiamme. Resta l’altro nella zona di Luras in Gallura e poi non ce ne sono altri in tutta la Sardegna. Per fortuna il ciliegeto di Bonàrcado non è stato interessato dal rogo”.

Purtroppo le fiamme hanno lasciato dietro di sé devastazione e molti animali morti…

"In quel territorio c’è grande tradizione di cavalli, tutti i pastori della zona ne hanno uno, per percorrere quel territorio non bastano i pickup. È una zona di castagneti, di oliveti. Il mix tra scirocco e libeccio da sud non ha dato scampo. A Tres Nuràghes le fiamme hanno lambito anche qualche vigneto di malvasia. La macchia mediterranea distrutta dalle fiamme sarà difficilissima da ricostituire: un bosco e un sottobosco che rappresentava un patrimonio di aromi e odori tipici del mondo sardo. Il corbezzolo, il cisto, il lentischio, il timo selvatico. È come se fossero andate in fumo intere biblioteche storiche”.

Di cosa vive l’agricoltura del Montiferru?

“Il Montiferru è famoso per gli allevamenti delle mucche e del bue rosso, la razza sardo-modicana, dal cui latte si produce il casizolu, formaggio tipico che prende il suo caratteristico sapore dal pascolo particolare in quella zona. Rispetto ad altre zone della Sardegna dove dominano gli allevamenti ovini, qui c’è anche questa tradizione bovina. Certo sono morte anche diverse pecore”.

Si percepisce una costernazione, un lutto collettivo del popolo sardo. Cosa rappresenta il Montiferru?

“C’è costernazione, ogni sardo è legato al Montiferru, perché è un cuore della Sardegna. Una zona che sale fino a 900 metri scollinando verso ovest arriva al mare. La varietà del paesaggio riflette la diversità biologica e ambientale del luogo”.

Un incendio molto probabilmente causato da un’auto che si è incendiata a Bonàrcado. Un problema irrisolvibile per la Sardegna questo?

“Questo degli incendi è un problema endemico che però è affrontato solo nella fase emergenziale. Serve la prevenzione. Il bosco va coltivato come una peculiarità territoriale unica. Canali di scolo, fasce tagliafuoco, vie di fuga. Se ne parla da anni. Ma di concreto è stato realizzato troppo poco”.

Alluvioni, roghi, un territorio millenario che sembra di cristallo. Dessanti, come farà la Sardegna a ripartire ancora dopo questo disastro ambientale?

“Noi sardi ci siamo sì risollevati, ma la cura del territorio è rimasta una chimera, specie se affidata a Comuni con le casse vuote. La resilienza forse l’abbiamo inventata noi sardi. È su quella che dobbiamo fare leva”. Ha lasciato scritto Grazia Deledda: “Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi”. Ma oggi questa terra e una provincia come quella di Oristano che basa oltre metà della sua economia agricola sulla zootecnia, devono risollevarsi.

Ma prima c’è un lutto collettivo da elaborare.

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