Se il cantante femminicida chiede il diritto di fare concerti

Se il cantante femminicida chiede il diritto di fare concerti

Non è e non può essere un problema di aritmetica giudiziaria. Bertrand Cantat non è solo una persona che ha scontato una pena, peraltro contenuta, ma è un personaggio. E qui le questioni, già complicate, si aggrovigliano come fregi barocchi. L'artista non ha trovato un lavoro di basso profilo in qualche ufficetto della banlieu parigina. No, Cantat vuole salire sul palco, cerca la luce dei riflettori, vorrebbe sentir rimbombare l'applauso. Come ai vecchi tempi. Ma di mezzo ci sono le pagine strappate nell'album di un Paese. Sale l'indignazione, monta la rabbia, qualcuno invoca una maggior sobrietà che però è un vestito troppo stretto quando di mezzo ci sono le chitarre, gli amplificatori, l'ottovolante dei decibel.

La pena e la percezione della pena. È un po' come il clima. Cantat ha scontato i suoi anni e ha lasciato la prigione. Dovrebbe essere pronto per rientrare nel consorzio civile, come tutti gli ex, spinti fuori dai conteggi sui pallottolieri dei giudici e, come suggerisce la nostra Costituzione, dal valore rieducativo del carcere.

Sappiamo come funziona il meccanismo. Molti escono nello scetticismo generale e sono inseguiti come l'ombra dal sospetto. Bussano, alla ricerca di un lavoro, ma pochi aprono e ancora meno sono quelli che offrono un posto. Per chi ha sbagliato, la traversata del deserto non è mai facile.

Ma qui l'asticella sale. Eccome se sale. Cantat parla di «reinserimento nella società», ma il suo ritorno non avrebbe come location una scrivania incolore nella periferia della capitale o in un puntino della sterminata provincia francese. No, Cantat mette in conto concerti e microfoni, performance e happening. Troppo per un Paese che nell'estate del 2003, non trent'anni fa, accolse inorridito la notizia che Marie Trintignant era morta dopo che lui l'aveva riempita di botte. Il naso frantumato. Le lesioni cerebrali. I lividi all'occhio sinistro e sulle labbra. Una maschera di sangue. Come il volto di Krisztina Rady, l'ex moglie di Bertrand, picchiata a sua volta da quel maschio violento e instabile, Krisztina che alla fine si è impiccata nel 2010. Terribile. Un altro choc per i francesi. L'inquietudine, e anche qualcosa di più, che serpeggia, sgomenta, sconcerta. La simpatie e l'ammirazione spazzate via dall'ostilità e dal ribrezzo.

Ci sono ferite che non si rimarginano.

Non in questo modo. Certo, anche Caravaggio uccise eppure noi ci incantiamo davanti alle sue tele. Ma sono passati più di 400 anni. L'arte non si misura, la pazienza e la sensibilità di un popolo sì. Ed è giusto rispettarle.

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